23/02/17 - 28/02/17
{Evento terminato}

7A che serve il tuo, il mio sguardo? Chi ci rivendica?

Alessandra Cristiani

Alessandra

7A che serve il tuo, il mio sguardo? Chi ci rivendica?
dal libro Esitazioni del poeta e attore Marcello Sambati

Sonorità   Claudio Moneta
Disegno luci  Gianni Staropoli
Voce e drammaturgia poetica  Marcello Sambati
Azioni  Sabrina Cristiani
Ideazione e danza   Alessandra Cristiani

con il sostegno di
Armunia Festival Costa degli Etruschi

in collaborazione con
Officina Dinamo. fucina creativa

 con il contributo di
La società dello spettacolo associazione di cultura,
Centro di Residenza Foligno InContemporanea

 

 E’ una nuova creazione, è l’urgenza di un nuovo sentire, l’emergere di un paesaggio interiore, come viene indicato nel linguaggio di una drammaturgia corporea. La mia esigenza è di stare dalla parte del corpo, di ritrovare il linguaggio del corpo, fondarlo dal corpo. Ogni creazione è un nuovo inizio, un nuovo sentore delle cose del mondo e che in realtà ci sfuggono e per questa loro fuga ci muovono, ci interrogano, ci scuotono terribilmente. Ci muoviamo per risolvere o viverci un’oscurità d’animo, uno stato del corpo precario. Questa epoca ci regala le sue inquietudini, cecità di senso, accensioni, visioni. Mi ritrovo al limite della loro percezione come in un tempo saturo, in uno spazio pieno. A chi rivolgere la traduzione di un tale stato del corpo, di questo sguardo, questo timido affacciarsi con pudore e ferocia che un atto corporeo comporta? Dal corpo desidero parlare, catturandone i segnali che la pratica performativa della Butoh Dance mi ha insegnato a intercettare. Del corpo desidero parlare, della sue ottusità, dei suoi sogni, dei suoi paesaggi intimi, delle sue tane e difese, delle sue intuizioni, masticazioni e desolazioni del reale, dei suoi rigurgiti visivi. Di come il corpo si lascia guardare e di come non è più guardato, attraverso un processo di propria e intima immaginazione.

Allo stato attuale ci sono grumi di sensi, simbolicamente occhi, orecchie, bocche sensorialmente protese ad afferrare qualcosa, a toccare qualcosa la cui natura ribolle enigmatica. Si inizia allora dal vuoto, dal buio, dal caos. La prima percezione è di un perenne squilibrio, di una dimensione storta, un interno umano in diagonale, in perenne caduta. Un senso del rovescio, dell’asimmetrico, dello scomposto che investe anche la struttura della scena e l’azione del guardare, ostacolati dalla luce offuscata, dalla presenza misteriosa e ambigua della dimensione corporea, che non si traduce mai narrativamente, ma attraverso l’attrazione dei suoi stati energetici, i suoi pieni e vuoti, le sue visioni.

nel transito
molte volte cado, asimmetrico,
dalla parte persa
(Marcello Sambati, Esitazioni)

La necessità è di guardare poeticamente al non addomesticato, all’errore, allo scomodo, al vivente minaccioso, come se fossero questi i confini da abitare e esplorare, dei confini ciechi dove recuperare forze e realtà.

Il confine è dove ci separiamo, dove diventiamo ciechi
(Marcello Sambati, Esitazioni)

 Nel primo quadro, in apertura del lavoro, ogni elemento in scena: sonoro, tecnico, umano che sia, sembra essere in ritardo o anticipato o confuso, comunque fuori posto. Regna una disarmonia, un’oscurità dei sensi e dei significati. Nessun elemento raggiunge, si fonde, riesce a incastrarsi con il resto. L’armonia è un’illusione, realtà e desiderio non si sposano. L’armonia è una proiezione, un bisogno, una protezione, un’estasi e in quanto tali non lasciano impronte durature, presenze dialoganti, rassicuranti, sono solo elementi fatui.

Figure stanno come sbagli.
Inferme
Nel qualcosa della loro vita
(Marcello Sambati, Esitazioni)

 Questo è l’antefatto. L’inquietudine principe. I piani successivi della visione e dell’azione corporea muoveranno da questo magma madre, per arrivare a toccare dei silenzi e delle apnee, intese come possibilità della scena e dell’essere umano di entrare in qualcosa di più intimo e delicato e in qualcosa di maleducato ed eccessivo. Territori quest’ultimi che riscattano un’identità, ristabiliscono un inizio, fanno risalire in superficie.

Declinazioni ulteriori del lavoro

-La nudità. L’offerta di un corpo, del suo incarnato, della sua superficie come una soglia che seduce lo sguardo verso un invisibile, un non dicibile, un nascosto. Il corpo nudo, silenzioso nell’evidenza del suo mistero, tattilmente avvicina l’essere, ne coglie quel granello residuale: l’uomo. Si scivola in una dimensione quasi onirica di “creature fugaci e incerte”.

aghi di pino poso sul tuo ventre
(Marcello Sambati, Tenebre)

Una danza selvatica, un duellare con l’indistinto, con l’ombra, con le assenze e le mancanze. La mancanza di un gesto, di una parola, di un respiro rende il corpo inquieto, l’anima animale.

allori, bacche, spore
del frattempo
vagabonda la bestia dorme
al calore di un tronco
non ha più direzioni
(Marcello Sambati, Esitazioni)

Come un piccolo verme danza sul confine
del fuoco bruciando in spasmi di carnecanto
(Marcello Sambati, Tenebre)

Una scena teatrale. Il teatro deposita l’inquietudine della danza, ma tiene aperta ancora l’interrogazione, quella dello sguardo come unico segno di una continuità, di un ponte che si vuole tra chi guarda e chi è guardato. E’ uno sguardo che invoca protezione, cura, non abbandono…

inginocchiati
in tremante fratellanza
due volte vivi
sul dorso che somiglia a un cuore
per farci più rari,
ancora
(Marcello Sambati, Esitazioni)

 L’elaborazione del materiale, la creazione delle scene avranno come fonte di ispirazione e riflessione i testi poetici del poeta e attore Marcello Sambati. In particolare il libro di poesie Esitazioni e Tenebre, trascrizione di una trilogia teatrale. Alcuni versi poetici per la loro efficacia visiva ed evocativa verranno considerati strumenti creativi, immagini di danza da esplorare secondo la metodologia del Buto Blanc, che origina dal danzatore giapponese Masaki Iwana. Indago l’autorialità e la scrittura scenica secondo questa prospettiva, al di là di ogni convenzione. E’ il punto cardine del mio pensiero, della mia pratica corporea, ossia familiarizzare con una zona profonda di sé stessi, arrivando a sondare il proprio paesaggio interiore, il nikutai, come indica la terminologia filosofica del Butoh, ambito di ricerca performativa al quale appartengo. Il paesaggio interiore consiste in una dimensione spaziale interna al corpo formatesi nel tempo e che continua a nutrirsi costantemente dell’apporto di elementi sia esterni che interni, inerenti ad un vissuto personale, in uno scambio reciproco di informazioni. Il paesaggio interiore è una sorta di specchio dell’anima in cui riflettere l’immagine di sé più rispondente al vero.

 

La musica sarà creata da Claudio Moneta con il quale ho avviato fin dall’inizio, un percorso di scoperta sonora che accompagna la presenza del corpo in scena e ne sostiene la qualità percettiva dell’azione. Una parte della realizzazione musicale verrà elaborata con dei materiali vocali e sonori di Marcello Sambati, attento testimone delle voci della Natura e un vero e proprio autore di lingue corporee, le sue “lingue native”.

come un vento scorre tra le rughe
la lingua si muove trafitta dal suo ago.
(Marcello Sambati, Tenebre)

 

L’arte della luce sarà di competenza di Gianni Staropoli. E’ nella forza e delicatezza della sua sensibilità, nel linguaggio epifanico della luce, far avvertire il manifestarsi, il dissolversi, il visibile nell’invisibile, l’esserci e l’assenza di un corpo. Friabili presenze, fenomeni percettivi, luoghi dell’immaginazione e della visione. “Il tempo, l’attesa, sono questioni dell’essere”. L’intimità di un corpo è l’intimità di una luce. Il mistero, il suo procedere dalla voci della luce alle voci del buio si stringerà fortemente ad una drammaturgia percettiva delle visioni e delle azioni corporee.

Luce scura buio e grido buio e grido
(Marcello Sambati, Tenebre)

 il buio, colui, è qui.
Addio, alla prossima luce.
(Marcello Sambati, Tenebre)

L’azione è data a Sabrina Cristiani e si tradurrà in presenze minimali, indecifrabili. Come indica il cognome c’è tra noi una parentela molto stretta. E’ una mia cara sorella. Una sorella gemella. La sua presenza in scena già allenata sensibilmente in altri lavori, è per me di difficile comprensione, non si esaurisce facilmente nella resa artistica di un doppio di figura. Non ha niente di spettacolare, almeno nelle intenzioni. E’ probabilmente quel Tu, voce abissale, così fragile e feroce nei versi scritti in Esitazioni da Marcello Sambati, che però nella mia esistenza artistica è ancora una parte cieca della mia persona. Solo attraverso la presenza di  lei posso tentare a piccoli passi di recintare quella terra lontana, a piccoli morsi di avvicinarla. La necessità è quella di guardare realmente quel qualcosa che dal fondo ci guarda, volerne liberare lo sguardo, distoglierlo da noi, per rilanciarlo in altre direzioni, oppure cambiarne natura, renderlo propulsivo in modo che agisca con pudore su di noi e su chi può accoglierlo.

 

io per me,
per te nessuno
la porta è chiusa,
è facile non entrare
all’orizzonte dell’uno
e dell’altro
la cenere e il vento
(Marcello Sambati, Esitazioni)

Anatomie dell’ombra
In questo interrogare il guardare nel suo rifrangersi continuo, in questo giocare lo sguardo per ciò che non può far vedere, nasce il desiderio e l’utopia di un progetto fotografico in bianco e nero, che possa restituire attraverso l’assolutezza e la pastosità dei suoi colori primari,  l’indicibile sospeso dell’atto, generato dallo stato corporeo e della visione, figliata dal verso poetico. Lo scatto fotografico entra nell’immaginazione e nella grafia di un altro ordine del reale: l’ineffabile, l’indefinibile, che sembra costantemente scivolarci accanto denso e silenzioso. Nell’organicità del lavoro le fotografie esposte o raccolte costituiranno un tempo e uno spazio altro e ulteriore, una sorta di anticamera alla performance. Un’azione al negativo da mostrare per ricondurci a quell’energia ambigua e attiva che risiede negli occhi e dagli occhi. Al progetto lavorerà principalmente il fotografo Daniele Vita.

 

Marcello Sambbati, www.darkcamera.it

Daniele Vita, www.danielevita.com

Gianni Staropoli, www.giannistaropoli.idra.it

Alessandra Cristiani,  www.alessandracristiani.com

Quando:
giov, 23/02/2017 ore: 10:30 Residenze
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