Un viaggio sonoro alla scoperta degli strumenti effimeri della Murgia
di Elisabetta Cosci
Pino Basile e Michele Ciccimarra sono un duo di percussionisti in residenza ad Armunia, dove hanno lavorato per una settimana alla creazione del loro nuovo lavoro CUPAPHONISMI dedicato agli strumenti effimeri della Murgia, un territorio geografico e culturale tutto da esplorare sotto il profilo sonoro. Il loro percorso di ricerca, musicale e performativo, ha seguito rotte improbabili utilizzando linguaggi musicali ricchi di contaminazioni, di incontri e dialoghi con ogni forma di vita e di pensiero in movimento. Durante questo loro viaggio alla ricerca di antiche e nuove sonorità sono arrivati ad Armunia e qua ci racconta Pino Basile “sono scattate delle molle”.
Li incontriamo nella sala Danesin a Rosignano Marittimo, dove sono in prova e dove giovedì 21 ottobre alle 18 presenteranno una restituzione al pubblico a conclusione della loro residenza. “ In realtà noi siamo arrivati qui – racconta Pino Basile- portando tante cose, le attrezzature elettroniche, i nostri strumenti, ocarine, bubù, tamburelli, strumenti che io avevo già avuto modo di far conoscere al pubblico di Castiglioncello e di Rosignano. Con Michele Ciccimarra da tempo ci confrontiamo con queste sonorità così ho deciso di coinvolgerlo. Abbiamo deciso di venire qua, portarci tutto e scoprire qui la direzione che volevamo prendere. Non avevamo in testa una scaletta precisa di compiti da svolgere.” Mentre Pino racconta, la mia attenzione viene catturata da una serie di piatti posizionati per terra, sul pavimento del palco. Noto che quella disposizione, che ad un primo sguardo poteva sembrare casuale, in realtà crea un disegno preciso: un percorso fatto a spirale che conduce agli strumenti posizionati al centro del palco.
Chiedo ai due musicisti il significato di quella disposizione: “Qui sono fusi i nostri due set che sono composti da una serie di nove cupa cupa a testa (i cupa cupa sono antichi strumenti a percussione tipici della Murgia) Michele è uno dei suonatori più unico che raro di cupa cupa intonato, un’ evoluzione dello strumento tradizionale pugliese, in Puglia lo chiamano cupa cupa ma in realtà questo strumento con nomi diversi è tra i più diffusi del mondo, sempre in ambiti folk e noi ci divertiamo usarlo in contesti diversi da quello. Quando siamo arrivati qua ci piaceva l’idea di fare un lavoro di ricerca, di esplorazione, ci siamo presi questa settimana di residenza per chiuderci in questa “casa” che è stata per noi così come per molti artisti, Armunia e senza distrazioni e senza ansie abbiamo cominciato a capire come studiarli, come utilizzarli anche diversamente da come abbiamo fatto fino adesso. Abbiamo pensato di fondere i set, mettere i nostra cupa cupa in cerchio e poi dal cerchio è partita questa idea di una chiocciola, una spirale dentro la quale noi ci siamo ritrovati al centro. Ecco che sono scattate le molle, noi due all’interno a giocare, spalle contro spalle, con i nostri strumenti. In realtà al di là della partitura sonora lavoriamo anche sulla partitura fisica che i nostri strumenti ci suggeriscono. Giovedì mostreremo in scena un primo inizio di partitura sonora che qui abbiamo messo a punto. Così abbiamo iniziato a sperimentare questo set. Secondo te come arriviamo al centro?- mi chiede sorridendo Pino Basile- Beh credo che utilizzerete questo percorso per arrivare al centro- gli rispondo. “Infatti questo è il nostro ingresso in scena”. Michele e Pino mi mostrano il percorso e arrivati agli strumenti iniziano a suonare, un ritmo antico, quasi tribale si diffonde nella sala.
Ma voi come vi siete conosciuti? Chiedo loro interrompendo a malincuore quel ritmo. Stavolta è Michele a prendere la parola: “ Anch’io sono di Altamura. Pino è stato il mio insegnante, il mio primo maestro di batteria, questa infatti è la mia formazione, iniziata circa vent’anni fa. Ci siamo perduti di vista per un periodo, poi ci siamo ritrovati grazie ad un progetto di Pino dove al centro c’era l’uso della cupa cupa. Da lì è iniziata la mia collaborazione a questo progetto che ha richiesto molto studio e molta ricerca insieme.” Poi vi siete ritrovati anche alla scuola di circo di Flic di Torino, dove tu lavori come performer e Pino è docente e autore musicale. Pino sei tu che ha portato Michele a Torino? “In realtà si è portato da solo. – mi risponde- Un giorno è venuto per sbaglio, lo hanno conosciuto e da lì mi hanno detto: non venire se non porti Michele. Così è andata anche con Eufemia, la contrabassista che poi è anche la mia compagna, abbiamo incontrato a un certo punto del nostro percorso, il circo. Hanno cominciato a coinvolgerci nei progetti e siccome i circensi sono esigenti, quando ti si affezionano non ti lasciano più, allora io ho detto loro che io non ero da solo e ad Altamura avevo tutto un vissuto, che c’erano progetti avviati e cose fatte e da fare. Così hanno cominciato a coinvolgerci tutti in questi progetti e anche nei laboratori. In tutti questi processi è accaduto che noi abbiamo dato del suono e ci è stato restituito del movimento, ormai ci siamo abituati a non ragionare più solo da musicisti, Michele ha un approccio molto fisico, performativo con la musica e poi dialoghiamo spesso con la danza. Forse è anche per questo che abbiamo scelto di venire qui in residenza, dove respiriamo l’aria della danza, della performance e di quello che Armunia significa fuori dai nostri cliche e dalle nostre abitudini. Siamo arrivati qui senza sapere quello che poteva succedere e appena arrivati abbiamo capito che dovevamo liberarci da tutte le apparecchiature, i microfoni, le maniere convenzionali di suonare i nostri strumenti. Quindi tutto prenderà forma dal movimento, dal suono e dall’aria e dall’atmosfera che abbiamo respirato qui.” Quindi niente tecnologia, niente di digitale, senza amplificazione neanche i microfoni e le casse? “No niente di tutto questo, useremo tutti strumenti “naturali” e magari se ci sarà qualcosa di convenzionale non sarà usato in modo convenzionale, faremo vedere modi diversi da quelli che conosciamo per creare suoni.” Questo progetto come si evolverà? “Questo lavoro ha una sua natura di site specific questa mattina siamo andati a suonare nel bosco, sulla collina davanti al castello di Rosignano marittimo, abbiamo raccolto le canne per suonare, ci piacerebbe portare questo spettacolo con il pubblico in quel luogo. La nostra idea è quella di portare il pubblico, l’ascoltatore in una dimensione sonora, plastica e fisica, fuori da ogni riferimento. Creare un’astrazione, il suono è astratto non è riconducibile a qualcosa di particolare, vorremo condurre il pubblico in un viaggio sonoro di scoperta e di ricerca, anche perché noi non abbiamo mai una risposta, perché il percorso di ricerca non è mai un punto di arrivo ma è sempre di partenza. Noi giovedì proporremo il frutto del lavoro di questi giorni, l’idea. Per il musicista i progetti musicali crescono davanti al pubblico, noi facciamo prove e poi suoniamo, è la risposta del pubblico che indirizza il nostro percorso.”