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LA GLORIA
di La Corte Ospitale
La gloria racconta la vicenda di Adolf Hitler in un periodo quasi sconosciuto della sua biografia: quando, nel 1907, appena ventenne, insieme all’amico August Kubizek, si trasferì da Linz a Vienna con lo scopo di entrare all’Accademia di Belle Arti e diventare un grande pittore. Il sogno di gloria dell’aspirante artista cadrà nel vuoto: respinto per ben due volte dall’Accademia, ma incapace di ammettere la propria mancanza di talento, Adolf monterà nei confronti di Kubizek – unico suo amico e probabilmente suo primo, inammissibile amore – un formidabile castello di bugie. Ma la finzione finirà per crollare: scoperto e umiliato, Adolf romperà il rapporto con Kubizek, sprofondando nella miseria più nera e riducendosi per ben tre anni allo stato di senzatetto nella periferia viennese. La disperazione della sua condizione lo spingerà poi, allo scoppiare della Prima Guerra Mondiale, a recarsi a Monaco e ad arruolarsi nell’esercito, dando così inizio al suo tragico percorso politico.
martedì 29 giugno ore 17
Sala Danesin – Rosignano Marittimo
La Corte Ospitale
LA GLORIA
anteprima
di Fabrizio Sinisi
con Alessandro Bay Rossi, Dario Caccuri, Marina Occhionero regia Mario Scandale
video Leo Merati
luci Camilla Piccioni
assistente alla regia Marialice Tagliavini
produzione La Corte Ospitale
Spettacolo vincitore di Forever Young 2019/20 – La Corte Ospitale
durata 60’
«Il lavoro sulla Gloria ha per noi sicuramente un valore politico; ci accomuna una forte esigenza di lavorare sulla memoria storica della cultura europea, sui fondamenti psicologici e storici che stanno alle radici di una dittatura ed analizzare in cosa consista esattamente questo “terreno fertile” che permette la crescita e la presa di potere di comportamenti e meccanismi pericolosi, ora più che mai attuali. Vorremmo portare il pubblico a chiedersi, inoltre, quale sia e quanto sia sottile il confine che esiste fra un rivoluzionario ed un dittatore, fra un visionario ed un mitomane. Il testo inizia con l’incontro tra il giovane Adolf e August al Teatro dell’Opera di Linz, durante il terzo atto del Tristano di Wagner. I due discutono della musica, di quanto i compositori tedeschi siano ineguagliabili, di architettura, pittura e del teatro di prosa, di cui Adolf dichiara di trovare insopportabile soprattutto il pubblico: “Guardali li vedi / seduti appollaiati/ soddisfatti / vengono qui / senza spirito critico/ vengono qui senza partecipare/ subiscono lo spettacolo”. Partendo proprio da questo gioco di teatro nel teatro immagino un allestimento prettamente metateatrale. Il luogo unico della rappresentazione sarà quindi il teatro stesso. Lo svelamento dell’artificio illusorio dell’evento teatrale renderà palese l’intero impianto fittizio dell’azione scenica, mostrando l’illusorietà, non solo della rappresentazione, ma anche della realtà tangibile dagli spettatori. L’intento è quello di stimolare per l’appunto lo spirito critico dello spettatore. Il cuore dell’operazione saranno quindi gli attori, che con la recitazione porteranno gli spettatori in tutti i luoghi dello spettacolo. Un meccanismo scenico simbolico e antinaturalistico, supportato dallo stile drammaturgico dell’opera. La Gloria, infatti, è un testo poetico scritto in versi e questo ci darà la possibilità di avviare una ricerca sulla forza letteraria, melodica, musicale della nostra lingua, una lingua scenica più adatta ad esprimere concetti che la psicologia dei personaggi. Proprio questa parola sarà il centro della messinscena che diventerà azione, slancio, figura, carne, forma, storia, e pensiero. Ad incarnare i versi del testo, tre interpreti, quali Alessandro Bay Rossi per il ruolo di Adolf Hitler, Dario Caccuri per il ruolo di August Kubizek e Marina Occhionero per il ruolo di Stefanie, giovane allieva di August.». Mario Scandale
«La gloria prova ad analizzare i rapporti tra megalomania e potere, tra gioventù e sopraffazione, tra gioventù e spirito autoritario. Il giovanissimo Hitler si muove nel contesto di un’Europa che – pericolosamente simile a quella di oggi – vive un momento di pericolosa instabilità, di precarietà, d’inquietudine tali che la porteranno a credere alle bugie di un tiranno megalomane il cui primo aspetto è quello di una disarmante mediocrità: un artista fallito e disperato il cui unico desiderio da ragazzo era quello di diventare famoso, e che si troverà invece a diventare un mostro capace di provocare la più terribile ferita della storia dell’Occidente. La gloria si pone quindi come un piccolo studio sulle origini delle dittature nel mondo occidentale, e sui suoi intricati rapporti con la psiche giovanile».
Fabrizio Sinisi
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