21 Agosto 2020

Mozart e Salieri, Puškin suite: uno spettacolo di Attilio Scarpellini e della Compagnia Garbuggino Ventriglia

Intervista di Elena Pancioli

Silvia Garbuggino e Gaetano Ventriglia - Armunia - Foto di Daniele LaorenzaAttilio Scarpellini, giornalista e critico attento ai temi di cultura e di spettacolo, è critico teatrale per molte riviste. Ha studiato in Italia e in Francia, dove è stato borsista presso la Scuola Pratica di Alti Studi in Scienze Sociali di Parigi. Come traduttore ha curato opere di Stendhal, Mallarmé, Maupassant, Drieu La Rochelle. Dal 2011 è tra i conduttori a RaiRadio3 della trasmissione “Qui comincia”. Per la Compagnia Garbuggino Ventriglia è drammaturgo e regista di Mozart e Salieri. Puškin suite, in scena al Festival Inequilibrio 2020 giovedì 10 settembre.

Silvia Garbuggino e Gaetano Ventriglia - Armunia - Foto di Daniele LaorenzaCom’è nata la collaborazione?

Attilio Scarpellini: conosco e seguo Silvia Garbuggino e Gaetano Ventriglia da tanti anni, sono stato tra i primi a recensire il loro lavoro, quando apparvero nella sala romana di Rialto Santambrogio nel lontano 2003 con uno spettacolo commovente e lunare, Nella luce idiota, che era ispirato a Dostoevskij. Non abbiamo mai collaborato direttamente, finché un anno fa ho proposto loro di portare in scena questo testo a cui pensavo da anni nella forma in cui lo presentiamo, cioè con un uomo nella parte di Salieri e una donna in quella di Mozart – non chiedermi il perché, non saprei rispondere – e con loro come protagonisti. A quel punto, ho dovuto prendermi qualche responsabilità…

Silvia Garbuggino e Gaetano Ventriglia - Armunia - Foto di Daniele LaorenzaPerché quest’opera e cosa rappresenta per te Puškin?

Attilio Scarpellini: Mozart e Salieri è il più famoso dei Piccoli drammi o Piccoli atti drammatici di Alexandr S. Puškin, e nel teatro russo lo si fa spesso accompagnato da Il convitato di pietra e Festino in tempo di peste. È un testo a cui sono molto legato perché non è semplicemente un testo sull’invidia – ognuno dei micro-drammi puskiniani è dedicato a una passione, a un vizio capitale – ma sulla rivalità mimetica che ne innesca il processo distruttivo e auto-distruttivo. La stessa logica, per altro, si ritrova in uno dei romanzi più letti di Thomas Bernhard Il soccombente, un romanzo dove Glenn Gould prende il posto di Mozart. È un testo su ciò che l’irruzione del genio o della grazia scatena nell’uomo, infatti Salieri dice di non essere mai stato invidioso prima dell’arrivo di Mozart, la stessa cosa che capisce Wertheimer -uno dei protagonisti de Il soccombente– quando Glenn Gould entra nella sua vita e a quel punto lui, che non è un cattivo pianista ma semplicemente non è Glenn Gould, capisce di essere il soccombente. Era questo tipo di relazione che mi interessava, assai più dell’autentica relazione storica tra Mozart e Salieri che nel dramma di Puškin è totalmente trasfigurata in quel mito che ha alimentato molte altre opere successive. Oggi sappiamo che Antonio Salieri non ha mai avuto la minima intenzione di avvelenare Wolfgang A. Mozart, al contrario i loro rapporti erano molto diversi da come Puškin e altri li hanno immaginati. C’è una diceria al centro dell’opera e, se si legge attentamente il finale del testo, si scoprirà che lo stesso poeta russo ne era probabilmente consapevole. Per certi versi, Mozart e Salieri è uno di quelli che Maria Zambrano definisce “sogni di calunnia.” Il problema è che Puškin ha caricato il contrasto tra le due figure di tutte le sfumature del conflitto tra la Cultura e l’Arte, dove è la prima che uccide la seconda, a forza di analisi e di consapevolezza storica: Salieri, che è il più teatrale dei due personaggi, sa tutto e soprattutto sa, dolorosamente, che Mozart è un genio, Mozart quasi non si conosce, come dice il suo antagonista “non è degno di sé stesso”. Jean-Luc Godard direbbe che la regola è destinata a soppiantare l’eccezione. In un certo senso Salieri, che ha sezionato la musica “come un cadavere”, è la Critica (quel malinconico e generoso mestiere che io ben conosco praticandolo da diversi anni), mentre in Mozart permane un mistero lieve e insondabile che si dà soprattutto attraverso la musica. E sulla scena la Critica si incarica di farla finita con l’innocenza dell’arte: ha ragione Fausto Malcovati, insomma, a scrivere che il Salieri di Puskin è un antesignano del Grande Inquisitore di Dostoevskij. Tutto questo cristallizzato in una manciata di versi che si leggono in meno di un quarto d’ora e che configurano una caduta abissale, quella di un’invidia inseparabile dall’ammirazione. “Tu, Mozart, sei Dio, e non lo sai.” dice Salieri, per poi aggiungere “Ma ben io lo so!”. Cosa accade quando un uomo diventa un dio agli occhi di un altro uomo? Accade che, prima o poi, si cercherà di ucciderlo, di detronizzarlo: il destino di tutti gli idoli, di tutti i divi, di tutte le star…

Silvia Garbuggino e Gaetano Ventriglia - Armunia - Foto di Daniele LaorenzaLa tua esperienza da regista come la stai vivendo? Come stai affrontando il processo registico?

Attilio Scarpellini: La parola regia, anche nei crediti dello spettacolo, non viene mai pronunciata, e io non sono un regista. Diciamo che all’inizio c’erano delle immagini, alcune le abbiamo mantenute ma altre si sono trasformate nel gioco della recitazione dove ne sono nate di nuove. Poi con le luci di Gianni Staropoli e la musica di Gabrio Baldacci, con il quale Garbuggino e Ventriglia hanno più volte collaborato, se ne sono create altre ancora. Le luci di Gianni non commentano e non illustrano, determinano uno spazio abitabile e lo stesso discorso vale per la rilettura-riscrittura che Gabrio ha fatto di tre brani mozartiani, una progressione nella complessità che nel Lacrimosa del Requiem arriva a una totale trasfigurazione ma soprattutto a una concretezza ineludibile. Si è formata una linea generativa, un processo che Gaetano e Silvia hanno incarnato sul palcoscenico con la loro ben nota vivezza interpretativa, con quella sincerità attoriale che è la principale qualità del loro teatro. Tagli compresi, poiché quello che si toglie, se è buono, è altrettanto importante di quello che rimane. Avevamo escogitato un secondo finale, lo abbiamo sacrificato, e tuttavia la sua ipotesi ha mutato il finale che c’è. Ci eravamo proposti di chiudere lo spettacolo con la lettura di due fiabe di Puškin tradotte da Tommaso Landolfi. Abbiamo rinunciato anche a quelle per concentrare l’ascolto sull’atto drammatico. Ma anche loro sono rimaste, ora aleggiano mute nell’aria.

Silvia Garbuggino e Gaetano Ventriglia - Armunia - Foto di Daniele Laorenza

A cura di:
Elena Pancioli

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