2 Luglio 2019

Graces: la grazia e l’ironia di Silvia Gribaudi

Intervista di Roberto Berti

Silvia Gribaudi - Inequilibrio 22 - foto di Antonio FicaiSilvia Gribaudi, artista torinese, è attiva nell’arte performativa e nella conduzione di laboratori artistico-sociali incentrati sulla valorizzazione dell’unicità di ogni individuo. Il suo linguaggio coreografico nasce dall’incontro tra danza e ironia e attraversa la performing art, la danza e il teatro, concentrandosi sul corpo e sulla relazione con il pubblico. La sua poetica ruota attorno la ricerca costante di confronto e inclusione con il tessuto sociale e culturale in cui le performance si sviluppano.
Al Festival Inequilibrio 22 il 28 giugno ha portato in scena nella tensostruttura del Castello Pasquini “Graces”, risultato di moltissime sinergie e collaborazioni: Zebra, Santarcangelo dei Teatri, Klap – Maison Pour la danse Marsiglia, Centro per la Scena Contemporanea/Operaestate Festival del Comune di Bassano del Grappa, Orlando Bergamo, Lavanderia a Vapore Centro di Residenza per la danza Regione Piemonte, L’arboreto Teatro Dimora/La Corte Ospitale: Centro di Residenza Emilia-Romagna, ARTEFICI-Artisti Associati di Gorizia, Danstationeen Danscentrum Skånesdansteater Malmö Svezia, Anticorpi XL-Network Giovane Danza D’autore.

Silvia Gribaudi - Inequilibrio 22 - foto di Antonio FicaiCom’è nato questo spettacolo?
Silvia: Durante la mia riflessione sulla bellezza ho incontrato Andrea Rampazzo, Siro Guglielmi e Matteo Marchesi, lavorando già da tempo con Matteo Maffesanti e, con la new entry, Giulia Ghinelli. Tutti noi ci siamo conosciuti a Bassano del Grappa dove sono conservati dei bozzetti di Antonio Canova. Da qui la scelta del tema delle tre grazie, l’opera del Canova realizzata tra il 1812 e il 1817. Quindi un anno e mezzo fa abbiamo iniziato le prime prove nel museo di Bassano con i tre ragazzi (Rampazzo, Guglielmi e Marchesi, n.d.r.), poi si è unito Matteo (Maffesanti) che ha proposto di inserire anche me in scena.

Perché proprio Canova?
Silvia: Abbiamo scelto Canova per il concetto di bellezza legato al Neoclassicismo, alle linee, ai colori e al bianco. Gli spunti estetici e artistici dell’artista , tradotti nella danza, mi hanno molto appassionata e hanno fatto emergere tante riflessioni: “Cos’è bello? Cos’è bello per il pubblico?”. Quindi abbiamo giocato con gli spettatori facendo delle anteprime, delle presentazioni ogni volta diverse per interrogarci sulle reazioni delle persone. Chi è abituato al linguaggio della danza avrà un certo concetto di bellezza, mentre chi ha altri codici ne avrà un altro e diverso. Quindi quali codici “toccano” lo spettatore?

Silvia Gribaudi - Inequilibrio 22 - foto di Antonio FicaiMatteo Maffesanti: (a proposito dello spettatore) C’è uno scambio non solo energetico, ma anche di sguardi e questo struttura e destruttura l’immaginario, in questo caso della bellezza.

Hai lavorato con gli over 60 e con corpi (passatemi il termine) “non convenzionali”. Come mai la scelta di utilizzare corpi più “convenzionali” per Graces?
Silvia: C’era la voglia di tornare a lavorare con dei danzatori. In realtà loro hanno dei corpi molto diversi e non convenzionali anche se in modo più sottile. Mi chiedo dopotutto cosa sia un corpo convenzionale…forse siamo tutti dei corpi non convenzionali. Per me Graces è molto bello perché grazie a questi tre danzatori stupendi posso provare a rimettermi in gioco fisicamente e sentirmi anche protetta. Per me loro sono tre divinità, tre gladiatori, tre persone magnifiche che attraverso i movimenti permettono ad un essere umano “comune”, che è sul palco con loro,di sperimentare, di fare da mediatore tra il pubblico e loro (che diventano un corpo solo) e che permettono a questo essere, una signora, che sarei io (ridono), di sperimentarsi nuovamente.

Cosa ne pensano i danzatori di questo? Cosa rappresenta per voi questo lavoro e come lo avete recepito?
Andrea: Io mi sono divertito molto. È stato bellissimo lavorare con questo gruppo di persone. Credo che nessuno di noi tre si senta convenzionale. Per noi è una continua destrutturazione attraverso una costante relazione col pubblico, alla ricerca della possibilità di far emergere un altro tipo di bellezza.

Silvia Gribaudi - Inequilibrio 22 - foto di Antonio FicaiMatteo Marchesi: Per me si tratta di credere nel bello di ciò che si fa, sia mentre lo si destruttura sia nel momento in cui lo si riporta, in modo che sia più vicino al modo a cui lo abbiamo vissuto. Il fatto di riuscire a sentire, assieme al pubblico, la presenza del bello che continua ad esistere anche mentre si sgretola e cambia forma è un gran piacere, una via per riscoprire un altro modo di stare in scena che arricchisce.

Per voi chi è il pubblico e cosa rappresenta?
Andrea: È in scena con noi. Quando non abbiamo avuto la possibilità di incontrare il pubblico sentivamo che mancava una parte forte dello spettacolo e quindi abbiamo cercato in tutti i modi di avere questo dialogo. Lo spettacolo esiste perché c’è il pubblico. La risposta dall’altra parte ti carica ancora di più. È come un flusso.

Silvia: E questo flusso è un po’ anche parte del concept del lavoro, perché queste tre grazie portano un messaggio ben preciso di forza, gioia, prosperità. Ci stiamo chiedendo se il messaggio della gioia passi o non passi. Credo che tutto passa attraverso il destrutturare e ristrutturare, ma anche attraverso l’ironia, che può rappresentare un rischio. Credo che l’ironia sia l’elemento più delicato ma anche fondamentale per questo tipo di lavoro. Non la puoi catturare, devi stare sempre in ascolto. Per me l’ironia è un disarmo, che non sempre riesce. Lo facciamo giocando con elementi veramente semplici del teatro, ma anche cercando di sperimentare. Attraverso l’ironia tentiamo di sollecitare la parte più intuitiva del pubblico e di noi stessi. Per me che le persone ridano, anche di me, di noi, è importante. La risata scatena le endorfine e rilassa la mente.

Silvia Gribaudi - Inequilibrio 22 - foto di Antonio FicaiMatteo: Per me il pubblico si avvicina al concetto di intuizione. In noi tre performer ho notato un’evoluzione proprio in questo senso, che comprende l’ascoltare e l’accogliere in modo immediato la risposta del pubblico che alimenta la performance.

Silvia: Sì, anche con il gelo del pubblico. Noi siamo comunque sul palco e lo accogliamo. Il lavoro vive se si crea una relazione. Oppure si va avanti lo stesso, lo spettacolo dura un’ora e ti passa (ridono).

A che punto senti di essere arrivata con il tuo percorso e con la collaborazione con Matteo che va avanti ormai da qualche anno?
Silvia: Graces mi ha aperto una nuova visione, una nuova voglia di continuare in questa direzione. Ho di nuovo voglia di danzare sia sulla scena sia. Lavorare con loro tre, che sono tutti giovani, mi ha dato una spinta di gioia perchè sento il piacere del movimento e della danza. Mi piace immaginare di danzare ancora quando avrò 70 anni e di farlo con questa qualità, perché sento che la danza è l’unica cosa che mi fa bene. E non necessariamente attraverso gli spettacoli.

Silvia Gribaudi - Inequilibrio 22 - foto di Antonio FicaiMatteo: Da parte mia sento che Graces è un po’ la somma del lavoro di questi anni con Silvia. Però non mi aspetto un risultato, piuttosto un nuovo inizio. Abbiamo voglia di portare il nostro lavoro nel mondo. E’ una finestra che non riusciamo più a tenere chiusa.

Silvia: Poi è bellissimo perché loro (i tre danzatori, n.d.r.) hanno accolto un modo di lavorare che non è facile. Io lavoro molto sull’intuizione. Se sento che qualcosa non funziona faccio dei cambiamenti improvvisi e nessuno di loro ha mai fermato questa elasticità. Non è facile trovare delle persone che accettino questo metodo di lavoro. 

Silvia Gribaudi - Inequilibrio 22 - foto di Antonio Ficai

A cura di:
Roberto Berti

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