1 Luglio 2019

Francesca Pennini di CollettivO CineticO racconta della distruzione della danza

Intervista di Roberto Berti

CollettivO CineticO ha portato in scena al Festival Inequilibrio 22  “How to destroy your dance”.

“Una sfida contro il tempo dai toni pulp e il gusto ludico.  Un manuale per il boicottaggio di ogni decoro coreografico tra accelerazioni impossibili e slow motion estremi. Un gioco al massacro senza risparmio dove i danzatori diventano wrestlers della relatività e lo spettacolo è messo a nudo da ogni ritualità.”

Collettivo Cinetico - Inequilibrio 22 - foto di Antonio Ficai Quale percorso state seguendo con CollettivO CineticO e come siete arrivati a “How to destroy your dance”?
Francesca Pennini (coreografa e danzatrice del Collettivo):  Ci sono state molte biforcazioni, HTDYD fa parte di una ricerca sul tempo derivato da un lavoro decennale sulle eterotopie, quindi su spazi altri, si chiama progetto “CO” portato avanti dal 2007 al 2017. C’è una volontà di ridiscutere il formato dell’evento performativo in un modo diverso, sia in relazione alla modalità scenica che alla condizione del performer.
Molte cose in HTDYD sono contingenti.

Parli di progetti e ho notato che avete all’attivo 51 produzioni negli ultimi 12 anni per una media di 4,25 produzioni all’anno: Questo ritmo intenso è sintomo di un’esigenza naturale? Vi fermerete mai?
Francesca: Penso che già con il battesimo del nome “CollettivO CineticO” la stasi non fosse contemplata molto (ride). Questa energia fa parte di noi naturalmente, una combustione che a volte va tenuta a freno. Non è un’esigenza produttiva, sistemica o professionale, non dobbiamo per forza “fare tanto”, ma deriva da una necessità di concretizzare delle urgenze che se vengono messe in stand by rischiano di morire. Forse è un po’ un karma, c’è una tendenza a esagerare nei ritmi, ma non penso sia una scelta, piuttosto una condizione in cui ci si trova e anche una questione di affinità tra i componenti di Collettivo Cinetico, che per fortuna si bilanciano. C’è chi riesce ad essere più lucido e a evitare la deriva, ma in generale è una dimensione molto divertente. Ci sono spettacoli che hanno richiesto più anni, mentre altri molto meno.

Collettivo Cinetico - Inequilibrio 22 - foto di Antonio Ficai Come mai la scelta per questo spettacolo di consentire l’accesso al pubblico durante il riscaldamento del gruppo un’ ora prima dell’inizio della performance?
Francesca: In realtà è opzionale, ma l’idea è quella di sbordare al di fuori del limite di inizio e di fine della performance, il tempo del prima e del dopo. Da un lato togliere il segreto della preparazione, che è anche un po’ intimo; il performer ha bisogno di quel momento di concentrazione. Abbiamo cercato di mantenere la fase preparatoria il più naturale possibile pur sapendo che non può essere un’operazione indifferente alla presenza di spettatori. Lo sguardo esterno degli astanti in quel momento mette già il performer in una condizione diversa, un po’ come togliere un elemento di galateo, per invitare lo spettatore a scegliere come entrare. Ti devi fare delle domande, devi rivalutare l’importanza di ciò che stai vedendo.
Poi c’è l’elemento sportivo e lì la visione della preparazione è normale, un po’ si è giocato anche su questo.

Collettivo Cinetico - Inequilibrio 22 - foto di Antonio Ficai La figura del wrestler compare qui come in “Benvenuto umano”; è un caso o è una scelta voluta quella di far ritornare l’elemento della lotta?Francesca: A dire il vero c’è in diversi nostri lavori, anche se in “Benvenuto umano” c’è una sfida fisica molto reale; In HTDYD invece i performer hanno degli avatar legati alle loro abilità relative alla velocità, l’ elemento con cui si andrà a distruggere la loro danza.
In “XD” invece c’era una gara di spruzzo dei dentifrici, in “Age” una competizione con un gioco a contatto che creava una graduatoria di vincitori diversa per ogni spettacolo.
Anche in HTDYD non si sa mai come andrà a finire. Il ruolo del performer non è rivolto alla pura estetica del gesto, ma alla funzione di quel gesto. Si innesca una specifica reazione degli spettatori che partecipano quasi come fossero dei tifosi. Questo ti ricorda che tutto in scena è vivo e che la competizione è vera. I performer non sanno mai come saranno abbinati in squadre e chi perde viene “sacrificato”. Come l’inizio è aperto al tempo della preparazione, così il finale prevede che il perdente sia obbligato alla lentezza massima. Egli dovrà eseguire la coreografia con il più breve tempo possibile, fino a che l’ultimo spettatore non sarà uscito dalla sala.

Collettivo Cinetico - Inequilibrio 22 - foto di Antonio Ficai Cosa volete dire con questo spettacolo?
Francesca: Faccio sempre fatica a rispondere a questa domanda, perché per me non c’è una lettura. Si tratta di predisporre un terreno di pensieri che possano alimentarsi e innescarsi durante la visione. E’ un po’ un esperimento scientifico, puoi capire come cambia la percezione della lentezza in base a ciò a cui si assiste. Non c’è mai un dichiarato, ma un mondo con un sistema di valori e degli stimoli che sono tuoi e soltanto tuoi.
Penso che non porti (lo spettacolo, n.d.r.) nessun valore morale o informativo, semplicemente entri in un sistema di suggestioni e princìpi vitali diversi da te, ma che fanno rileggere te stesso.
Credo che questa volontà sia legata anche a come vivo io gli spettacoli da spettatrice, per cui difficilmente riesco a leggere l’intenzione di un messaggio chiaro, ma piuttosto a leggere le aperture che mi vengono date durante e dopo la visione e quello per me è la cosa più interessante.
Improvvisamente qualcosa a cui non avevo dato nessuna speranza e che avevo accantonato assume un fascino inaspettato.
Si tratta di un invito in un territorio.

Collettivo Cinetico - Inequilibrio 22 - foto di Antonio Ficai Riguardo ai performer, che in questo spettacolo sono messi alla prova e devono anche sacrificarsi: come avviene la scelta delle persone che andranno in scena?
Francesca: In modo abbastanza non tradizionale, nel senso che i membri di CollettivO CineticO sono molti, entrano a far parte delle creazioni a volte in modo naturale a volte solo per alcuni progetti, ma c’è un forte senso di appartenenza; non tanto di loro appartenenza a CollettivO CineticO, ma di appartenenza di CollettivO CineticO a loro.
Per me un fattore determinante è che il lavoro coincida con le esigenze di ciascuno.
Difficilmente i performer sono entrati nel CollettivO attraverso audizioni. Spesso sono incontri, magari accidentali. Ci sono persone come Angelo che è entrato come tecnico e poi e finito in uno spettacolo completamente nudo e da allora ritorna spesso negli spettacoli (ride). Altri sono entrati nel gruppo a seguito di laboratori, per esempio durante residenze qui ad Armunia o alla Biennale College, altri ancora sono amici d’infanzia incontrati dopo anni per caso.
Ciascuno di loro con le loro diversità mi obbliga a rinegoziare i parametri in gioco, ma allo stesso tempo mi aiuta tantissimo. L’importanza della persona e delle esperienze con la persona per me sono il senso di tutto.

Collettivo Cinetico - Inequilibrio 22 - foto di Antonio Ficai

A cura di:
Roberto Berti

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