AttiKa. Il nuovo progetto firmato Ajmone – Industria Indipendente
di Benedetta Pratelli
“Il progetto si chiama Attika prendendo spunto dall’episodio della rivolta della prigione di “Attica”, diventato poi urlo di protesta durante la rivolta delle carceri nell’omonima città americana nel 1971. Ci interessava l’idea della sovversione come termine etimologico: modificare lo sguardo, la presenza dei corpi, dello spazio… Stiamo immaginando Attika come un qualcosa che nasca con l’intento di invitare il pubblico a ri-ragionare sulla sua posizione: come stai, come osservi, come ascolti, come esisti …”
Si è conclusa così, partendo dall’inizio, la chiaccherata che qualche mattina fa abbiamo fatto insieme a Annamaria Ajmone e Martina Ruggeri di Industria Indipendente. Cosa c’è stato prima, o cosa verrà dopo (in base al punto di vista) non è certo in questa sede che vi verrà svelato. Abbiamo fatto un voto di silenzio che ci porteremo dietro fino a giugno, ovvero fino alla prossima edizione di Inequilibrio.
Ma se non possiamo ancora raccontarvi quello che vivrete, abbiamo deciso di farvi un regalo e rendervi partecipi, almeno un po’, di quello che è il processo che sta dietro al lavoro.
Partiamo dall’inizio (quello vero). Nel 2017 Annamaria Ajmone e la compagnia romana Industria Indipendente si incontrano a Castello Pasquini durante Inequilibrio XIX. Amicizie in comune e frequentazione degli stessi spazi hanno fatto il resto.
“C’è stata fin da subito una fascinazione e una curiosità nei confronti dell’altra, al livello lavorativo e al livello umano”.
Martina e Annamaria (Erika Z. Galli, altra anima di Industria Indipendente non è presente oggi) si raccontano e si intuisce già dagli sguardi che si scambiano una forte complicità, che fa ben sperare. Mi raccontano la loro idea, la decisione di tornare ad Armunia per iniziare questo percorso insieme – “Si perché questo è uno di quei progetti che possono nascere solo in collaborazione con alcuni artisti, con alcuni direttori di festival, soltanto in certi spazi..” – il desiderio di iniziare un processo che non sia fine a se stesso ma il punto di partenza di una ricerca più ampia, che qui ponga le basi per poi espandersi altrove.
Parlando, emerge che Industria Indipendente e Ajmone hanno più cose in comune di quanto all’apparenza possa sembrare, a partire da determinate forme di progetti (più volte vengono citate le Merende romane e il progetto Nobody’s), dall’incontro di approcci simili e competenze differenti. Declinazioni diverse di un terreno comune; desideri artistici e politici che corrispondono…
“In questa settimana – occhi aperti perché è l’unica rivelazione che leggerete riguardo al progetto di Attika vero e proprio – abbiamo esplorato il territorio, ci siamo scambiate idee e letture per mesi e questa prima settimana di residenza è stata l’occasione per confrontarci a lungo. C’eravamo già viste a Roma e ci siamo scritte tante volte, ma è stato qui che abbiamo avuto giornate intere per ragionare, confrontarci con Fabio e Angela, capire meglio come strutturare il progetto. Ci siamo poste come primo obiettivo una riflessione rispetto allo sguardo e alla relazione nei confronti della natura e dell’ambiente.
Vorremmo lavorare all’idea di lasciare le cose come stanno, lavorare in spazi che possano contenere già indipendentemente una componente performativa. Ci interessa la riflessione sugli aspetti estetici di un luogo, sulla bellezza e l’artificiosità di uno spazio e, lontano dal voler dare un giudizio, desideriamo piuttosto mettere in discussione la nostra presenza e quella dello spettatore. Sarà un percorso non lineare ma che vorremmo avesse una sua interezza: stare in tutti questi luoghi e momenti, rivalutare il concetto di spazio e tempo…è come se stessimo lavorando ad uno spettacolo a “stazioni medievali”, utilizzando poca tecnica e ri-immaginando una dimensione in cui la naturalezza di una voce o di un corpo o della natura stessa emergano nella realtà. Lavoreremo quindi in diversi luoghi, coinvolgeremo altri artisti e, partendo dalla concezione che tutto può trasformarsi in performance, ci concentreremo sulla dimensione sonora, abitativa e visiva di alcuni spazi…“
Continuano a parlare, chiamando in causa coreografi, musicisti, videomaker…Il misto di timidezza e determinazione con il quale mi raccontano lascia intravedere un progetto dai contorni già abbastanza nitidi. Nella stanza siamo in cinque e al termine della chiaccherata c’è quel tipico silenzio da fine intervista, quella soddisfazione mista a imbarazzo: noi pensiamo già a cosa scrivere e loro si stanno chiedendo se avranno svelato troppo..tutti siamo entusiasti.
Nel pomeriggio, ultimo giorno della loro residenza, siamo andati in giro per Castiglioncello, ma a visitare cosa – ça va sans dire – non potrete saperlo, almeno per ora…