9 Marzo 2023

Emerald – Appunti sulla residenza a Rosignano Solvay

Appunti sulla residenza a Rosignano Solvay per il progetto di installazione poetica Emerald – un poemetto sullo sparire (16-21 gennaio 2022), di Azzurra D’Agostino e Johanna Bishop

Quando si ha una visione, non si hanno le idee propriamente chiare. Serve attraversarla, farla entrare nel corpo, custodirla, fare un percorso non sempre lineare. Serve tempo, serve spazio, serve raccoglimento. Serve anche molto qualcuno che sposi quella visione con un atto di fiducia e coraggio.
Tutte queste cose insieme sono arrivate quando la direzione artistica di Armunia, nella persona di Angela Fumarola, leggendo una specie di diario di un’idea e ascoltando il desiderio di costruire un’installazione poetica sullo sparire e sul dire addio alle cose, ha formulato l’invito di una residenza a Rosignano.
Siccome la scrittura, in questo caso particolare, nasce dalle immagini, per un’opera video in sette capitoli che sarà voce, suono e fotografia, avevo anche espresso la speranza di incontrare dei fotografi per poter trovare le immagini giuste per il capitolo che volevo affrontare durante il percorso di lavoro in Toscana: l’addio all’architettura.
Sono così stata messa in contatto con Fabbricaimmagini, un’associazione di fotografi di Rosignano, e questo è stato uno dei momenti per me più commoventi della settimana.
Ho trovato infatti così pieno di senso e di accoglienza il fatto che un gruppo di persone, su una mia indicazione del tutto vaga, si siano ritrovate per lavorare, scegliere immagini, discutere sul senso dell’abitare e del costruire, mi abbiano dedicato molto tempo con entusiasmo e infinita generosità. Di quegli atti di fiducia che ti fanno avere fiducia nell’umanità.
Alla fine, ero un po’ preoccupata per il fatto che avrei dovuto scegliere solo un fotografo, perché ogni capitolo di addio del poema prevede un unico sguardo, temendo di deludere gli altri, di non ricambiare adeguatamente la loro disponibilità. Invece, nella serata di prova aperta al pubblico, si sono mostrati contenti della scelta, caduta sulla selezione di scatti nell’ex Villaggio Aniene fatti da Lorenzo Papi. Dimostrando nuovamente saggezza e rispetto del lavoro, hanno concordato che propendere per l’invisibile fosse il modo migliore di mostrare l’importanza di ciò che c’è.
I giorni sono passati veloci, gomito a gomito con Johanna Bishop, da me invitata per curare la co-scrittura del lavoro in inglese.
Confesso che lo stare nell’addio, sul ciglio della fine delle cose, mi ha provocato una immensa fatica e un carico di dolore direi impersonale (e in qualche modo ineludibile e impositivo, a cui era difficile sottrarsi), che non mi aspettavo. Eppure, quello che ho scritto mi pare non sia solo dolore, cerca una via d’uscita, una luce, prende semplicemente atto del tempo, del suo triturare e cambiare e far rinascere ancora, porgendoci domande certamente dolenti, ma non per questo senza orizzonte.
Quante occasioni abbiamo per passare giorno e notte con il corpo e la mente immersi nelle questioni più grandi?
Poche. Anche perché sarebbe insostenibile. Ma l’arte necessita anche di questo, spaccare il quotidiano e il flusso delle nostre rassicuranti strategie, per poter attingere a qualcosa di più grande e, qualora l’opera sia in ascolto e lo consenta, restituire anche quella dismisura agli altri.
Si può poi anche certamente fallire. Ma di certo la premessa di uno spazio e tempo fuori dal ciclo ordinario, accuditi in ogni dettaglio (a partire dall’avere pasti caldi cucinati con amore), dando senso a quello che si fa come punto centrale, ecco è qualcosa di commovente e necessario. Quello che si dice un lusso. Quello in cui, anche là dove le cose sembrano finire, sorge quella sensazione a metà tra pensiero ed emozione che dice: non è la fine del mondo. Quasi niente è la fine del mondo, anche se ogni fine cambia il mondo intero. Di certo, però, concedere di confrontarsi con le persone che vivono un luogo, con gli artisti, con piccole comunità e con se stessi e i propri limiti, è un’origine e una sorgente.
Grazie a tutte le persone che hanno reso questa settimana così densa e potente, a tutto lo staff di Armunia e a Fabbricaimmagini, una di quelle cose che fanno un prima e un dopo.
Azzurra D’Agostino

“Vai in residenza, cioè? Vai lì per stare davanti al portatile e tradurre un testo scritto?”
Avevo qualche difficoltà a spiegare perfino a me stessa perché io, abituata a fare tutto via email e ad avere collaborazioni anche pluriennali che si svolgono completamente a distanza, dovessi trasferirmi a Rosignano per quattro giorni. Esistono residenze anche soltanto per traduttori, ma tendenzialmente sono pensate per chi ha poche opportunità di immergersi nella lingua e nel contesto culturale di partenza, mentre io vivo in Toscana da anni. E certo, sarà utile parlare di persona con Azzurra, riguardare il poemetto insieme, ma avrò realmente abbastanza da fare per giustificare la mia presenza?
Ripensando ora a questi dubbi mi viene da sorridere, perché sono stati giorni intensissimi. Sono stata, sì, davanti al portatile, creando versioni inglesi delle due poesie scritte a Rosignano, come ho fatto con le tre precedenti. Ma l’esperienza è stata completamente diversa e anche i risultati: perciò alla fine ho dovuto modificare in modo significativo anche quei primi tre testi. Perché in cima alla collina, sopra il mondo, nel silenzio dell’auditorio, nella concentrazione condivisa, tutto si metteva a fuoco.
Nella lettura a turno a voce alta, nella visione delle foto su grande schermo, nelle lunghe conversazioni sul lavoro e sulla vita, i contorni del progetto si facevano sempre più nitidi, sempre più ovvi i punti in cui le parole erano giuste o stonate, eccessive o necessarie. Perché la stanza tutta per sé è una necessità assoluta e, per i lavori collaborativi, quel “sé” diventa plurale.
E così in questi giorni, per me, il progetto sulla fine, sugli addii, è diventato l’inizio di qualcosa, la nascita di un nuovo modo di lavorare. Sono profondamente grata a chi ha reso possibile quest’esperienza e curiosa di vedere dove porterà: attraverso molte frontiere, spero, ma spero anche di nuovo a Rosignano.
Johanna Bishop

Foto di Lorenzo Papi dell’installazione di Superflex a Torino

A cura di:
Redazione Armunia

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