19 Novembre 2021

étude CORPO SOLO, mettere in scena il movimento della solitudine

Intervista di Elisabetta Cosci

Claudia Caldarano da anni si occupa di coreografia e performing arts, si è diplomata attrice alla Paolo Grassi, ha studiato con Marina e Micha van Hoecke e ha frequentato la Biennale College Danza. Collabora con Virgilio Sieni come danzatrice anche solista e come assistente per l’Accademia sull’arte del gesto e nel 2016 ha firmato con lui la coreografia Eden. Ad Armunia in residenza è approdata per lavorare al suo progetto Piano Solo Corpo Solo che presenterà, a conclusione della residenza, in forma di studio e come prova aperta, al Teatro Nardini di Rosignano.

Claudia CaldaranoLa incontro nella foresteria del Castello di Rosignano con lei Alessandro Brucioni, drammaturgo del lavoro. Mi racconta che il progetto nasce dalla condizione esistenziale della solitudine.  

“In realtà è un input, uno slancio per conoscersi più profondamente ed entrare più intensamente in contatto con gli altri, perché è quando ci sentiamo veramente soli che riusciamo ad aprirci verso gli altri e non ci facciamo condizionare dall’esterno, diventando saldi e al tempo stesso ricettivi.- racconta- L’incontro con Simone Graziano, il musicista che è con me in scena, e poi il fatto che adesso si sia aggiunto Alessandro Brucioni che ha il compito di drammaturgo, sta facendo progredire molto il lavoro. Alessandro lavora prevalentemente per il teatro ma è capace di leggere il movimento e mi sta aiutando molto a trovare la lettura migliore per quello che è il desiderio di espressione, di comunicazione del progetto specifico. Questa ad Armunia è la prima residenza che siamo riusciti a fare, concentrandoci prevalentemente sull’aspetto coreografico. Fino ad oggi con Simone abbiamo fatto incontri basati essenzialmente sull’ improvvisazione, prevalentemente in contesti musicali, tranne nel caso della Nid platform dove il contesto era essenzialmente per coreografi.” Le domando su che cosa si sono principalmente concentrati durante questa settimana di residenza ad Armunia “In questi giorni Alessandro mi ha aiutato tantissimo, lui viene dal teatro, o meglio ha sempre lavorato per il teatro, ma il suo occhio sa tradurre anche il movimento, è riuscito a leggere nelle mie improvvisazioni i segni che creano la progressione drammaturgica, affinchè siano una scoperta condivisa con il pubblico. Purtroppo Simone qui non potrà suonare il pianoforte a coda “preparato”, un pianoforte il cui suono viene modificato inserendo vari oggetti tra le sue corde, in modo che l’esecutore produca suoni che non sono del tutto volontari. In sintesi è uno studio sulla casualità del timbro, che è stato usato soprattutto da John Cage. Essendo una prova non avremo a disposizione il pianoforte, ma useremo il Fender Rhodes che è una tastiera e quindi ha un’altra sonorità. Piano solo corpo solo si basa originariamente su queste sonorità. Questi pezzi musicali sono nati durante il lockdown e alcuni fanno parte di un album di Simone Graziano che si chiama Embraching the future, album che lui suona nei suoi concerti. Noi ci siamo incontrati fino adesso solo nelle improvvisazioni, durante le quali lui ha rimodulato questi pezzi facendosi guidare dal mio movimento e dalla nostra relazione in scena. L’idea è quella adesso di costruire un vero progetto che viva anche dell’archivio delle improvvisazioni che abbiamo creato. Questa è la metodologia che abbiamo scelto per lavorare insieme. L’approccio di entrambi è quello di lavorare per moduli, avendo io lavorato a lungo con Virgilio Sieni, questo appartiene al mio bagaglio esperenziale. Ci diamo una linea di senso anche emotivo, simbolico, o sonoro e poi lavoriamo sulla variazione, sulla ripetizione, sull’aggiunta, sul cambio, per ritornare nelle figurazioni che sono poi un ritornare nell’archivio della memoria.”

Claudia Caldarano

Le chiedo quindi su che cosa si sono concentrati in questi giorni di residenza “I primi giorni abbiamo montato la scena che sarà composta da un praticabile laccato nero proprio come un pianoforte, che rappresenta un prolungamento del pianoforte stesso, un monolite, un parallelepipedo che è come se avesse una tridimensionalità, un magnetismo, una gravità che me lo fa vivere in tutte le sue dimensioni. Per me è una sorta di “tavolo anatomico”, dove dissezionare il corpo, il movimento e i suoi aspetti più intimi, inoltre è riflettente, per cui mi rimanda al doppio, a una dimensione di altrove. Fondamentale in questo lavoro è anche la dimensione tattile, per lavorare con la pelle e sul contatto con la superficie. In questi giorni ho lavorato spesso ad occhi chiusi, immaginando di essere manipolata dall’esterno, come se ci fosse un altro corpo che soppesasse la gravità di alcune parti del mio corpo, ma anche come se ci fossero fili che dalla colonna vertebrale mi muovessero dall’interno. Ho cercato di mettere in scena il movimento della solitudine che ti muove. E poi l’idea di arrivare a un volo, quindi a una liberazione della solitudine con un volo, che è un gesto impossibile, ma nel fallimento stesso è possibile trovare una soluzione.”

Claudia Caldarano

E in tutto questo il rapporto con la musica qual è? Le chiedo “Fin’ora abbiamo improvvisato, abbiamo avuto sul piano coreografico e musicale un rapporto molto emotivo, siamo molto in sintonia. Inizialmente il lavoro lo abbiamo sempre fatto nel “nero” e la cosa ci piaceva, ci soddisfaceva. Si erano create come delle bolle, due spazi ben definiti e intorno a noi il nero, il buio appunto. Poi siamo stati allo spazio Novà di Novara, dove abbiamo lavorato per una residenza in uno spazio simile a una serra, tutta bianca e qui c’è stata la rottura perché siamo stati costretti a farlo nel “bianco”, creando un luogo asettico e dunque un conflitto tra il logo che accoglie la relazione e l’emotività fisica e sonora che ne scaturisce, c’era uno stridere che per noi ha fatto emergere un disagio esistenziale. Anche la sonorità che aveva creato Simone è inevitabilmente cambiata. Prima, nell’ambiente nero, era molto più “melodica”, anche se il suono del pianoforte modificato è un suono straniante, stravolto, perturbante, non è più il suono riconoscibile di un piano. Sul bianco gli sono venute spontanee delle sonorità più atonali quindi è andato in una direzione più di rottura, di sgretolamento della melodia. Anche questo è un aspetto che ci ha interessato. Eravamo anche qui in improvvisazione e quindi ci siamo azzardati, rischiando. Adesso dobbiamo ricucire tutto questo. La musica e il gesto sono paritari”. Interviene quindi Alessandro Brucioni “Piano solo e corpo solo è il titolo che esplica perfettamente lo spettacolo, loro sono due “soli”, tu vedi un corpo e senti una musica che stanno viaggiando su un binario, dove ci sono relazioni che non sono scontate, ma rimandano a link lontani, a quell’archivio di cui parlava Claudia. C’è una dimensione del tutto fisica e una totalmente sonora. Ad oggi abbiamo costruito un primo archivio delle improvvisazioni, che non è ancora chiuso come fase esplorativa, nella prova aperta cerchiamo di capire i primi step di composizione e di chiusura del lavoro, sarà stabilito un primo accenno di percorso per avere i feedback, per capire dallo spettatore come funziona, cosa suscita nello spettatore la visione.” e poi è ancora Claudia a raccontare  come proseguirà il percorso di questo lavoro “Per adesso abbiamo individuato dei moduli e dentro di questi metteremo delle improvvisazioni. La prossima tappa sarà a Polverigi per una nuova residenza a dicembre.”

Claudia Caldarano

Com’è stata la tua esperienza alla NID Platform? Ti è stata utile? “Partecipare ed essere stata selezionata dalla NID Platform è stata una grande esperienza, una situazione in cui tu devi essere concentrata sul lato artistico e al tempo stesso essere in grado di raccontare all’operatore quello su cui stai lavorando. Noi eravamo lì tutti per fare questo. E’ stato bello confrontarsi con gli operatori e con gli altri artisti e anche vedere i loro lavori. La NID è la piattaforma più importante per la danza, è stato gratificante essere stati selezionati. Con la Nid abbiamo incrementato le possibilità di lavoro, abbiamo trovato nuovi contatti e nuove sinergie, recuperato possibilità di nuove residenze e creato occasioni per nuovi processi di creazione. In questa fase abbiamo ancora molto bisogno della pratica per esprimere il nostro potenziale, soprattutto il mio attraverso il corpo. Adesso sta a noi costruire il climax, riuscire a tenerlo per emozionare il pubblico, e questo lo ottieni solo con la pratica.”

A cura di:
Elisabetta Cosci

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