Silvia Gribaudi e del mistero di divertire con un gesto
Intervista di Elisabetta Cosci
Silvia Gribaudi è in residenza ad Armunia, una realtà che ben conosce, dove ha creato e realizzato, come coreografa e danzatrice, tanti progetti, dai laboratori agli spettacoli. Silvia è tornata per lavorare al suo nuovo spettacolo, che debutterà a Torino Danza l’8 ottobre, ma a giugno sarà di nuovo a Rosignano Marittimo, nell’ambito del festival Inequilibrio, con uno speciale, anzi un A corpo libero special.
I teatri sono stati a lungo chiusi, ma ad Armunia gli artisti in sicurezza e senza pubblico, hanno sempre lavorato. Le residenze in questo lungo periodo di silenzio dell’arte, sono servite anche a questo. A non spengere del tutto i riflettori con la speranza di poter presto riaprire le porte e i sipari. Antonella Questa lavora ad Affari di famiglia nella sala Danesin, a Rosignano Marittimo e Silvia Gribaudi invece prova Mon Jour con i suoi performer, al teatro Nardini. S’incrociano, come spesso accade ad Armunia ed ogni volta incontrarsi è una festa, anche se non è possibile l’abbraccio e dobbiamo mantenere le distanze, indossando la mascherina. Ma il piacere dell’incontro, quello, è ancora possibile “Prima o poi riusciremo a lavorare insieme” e in effetti sono tante le cose che hanno in comune queste due artiste, quel senso per l’ironia intelligente e sottile, la ricerca del gesto in una e della parola nell’altra, che origina la risata.
Silvia ha poco tempo, i “suoi” uomini l’aspettano e hanno ancora tanto da lavorare. Ma pochi minuti per noi riusciamo a ritagliarceli.
Silvia mi racconti che cos’è questo tuo nuovo lavoro?
Mon jour è un progetto europeo di Torino Danza Festival, nato nel 2019 che prevedeva dei percorsi in montagna. E’ stato molto bello lavorarci, anche nell’ottica degli incontri con la comunità, per cui quello che ci siamo portati a casa, dal punto di vista della residenza, della ricerca, è stato anche questa volontà di costruire un contatto con gli altri, una relazione, una rete reale che ci aiuta a portare avanti dei progetti insieme. Poi a me piaceva anche questa cosa del vivere in montagna che è una sfida continua. Mi sono chiesta: in teatro, nella danza cosa vuol dire avere una sfida continua? E al tempo stesso restava quello che mi attrae da sempre: il mistero del divertire. La parola divertimento ha per me un grande valore. Cosa significa divertire? Spesso questa parola viene anche criticata, se diciamo che uno spettacolo è divertente, è come se lo sminuissimo. Io spesso mi chiedo invece cosa significa divertire e fare delle cose che ti divertono, che ti traghettano da un’altra parte? Partendo da queste riflessioni, mi sono chiesta in che modo si potevano attivare attraverso Mon jour delle relazioni con il pubblico e poi un gioco dentro al teatro e alla danza, per capire in che modo possiamo divertire e divertiamo.
Perché hai scelto questo titolo Mon jour, il mio giorno?
Perché è un giorno speciale, è il mio giorno, il nostro giorno a teatro che diventa ogni volta, un tentativo di relazionarsi, d’incontrarsi. E’ un mettersi in gioco in una relazione, mi piaceva anche il suono “mon jour” che poi ricorda anche bon jour, il buon giorno, il salutarsi, è un giorno, il nostro giorno per salutarci e viverlo insieme
In questo lavoro tu sei la coreografa, perché hai scelto di non essere in scena?
All’inizio del lavoro doveva essere così, io fuori della scena a dirigere i performer e a curare la coreografia. Poi andando avanti con la creazione e con il montaggio dello spettacolo, sto cercando di cambiare l’idea iniziale e così lavorerò in una “mezza misura”, nel senso che starò un po’ dentro e un po’ fuori, non sarò certamente sul palco, ma devo ancora capire quale sarà la mia posizione, probabilmente starò tra il pubblico e come in Graces sarò un ponte di relazione tra il pubblico e i performer in scena.
Mi piace anche giocare sul ruolo che ha oggi il coreografo, colui che ti guida, che crea e poi in scena, l’interprete diventa il protagonista vero e spesso unico. Mi affascina capire dov’è il limite e l’opportunità di essere in quel ruolo, tra coreografo e interprete. Quindi diventa anche una riflessione su quando l’opera diventa dell’attore e quanto rimane all’autore. Inoltre, nella danza, lavorando con i corpi, ovviamente quello del performer è il protagonista. Mi fa divertire questo ruolo del coreografo che perde in qualche modo il suo potere e invece acquista la sua opera grazie al potere dei performer. Mi piace questa mia posizione dentro- fuori per poter dialogare sia con il pubblico che con i performer su questa crisi d’identità.
Questo è il secondo spettacolo dove tu scegli, come coreografa, di lavorare solo con corpi maschili.
In realtà questo è stato un po’ un caso perché le audizioni erano aperte anche a performer femmine. Poi dovendomi basare anche sull’ istinto di quando guardi e visualizzi cosa stai cercando, alla fine mi hanno affascinato di più questi corpi che sono sì tutti maschi ma hanno delle identità particolari. Ci sono tante sfumature del maschile che m’interessano in questo momento e che credo non siano ancora venute fuori, ci sono tante possibilità di essere maschio e uomo e invece siamo ancora legati a un’identità ben precisa che a volte schiaccia le sensibilità e le opportunità che un uomo può esprimere. E’ questo che mi coinvolge di più, sono attratta dal poter trovare tutte queste sfumature e di mostrarle.
Gli artisti che hai scelto sono singolari, ci sono dei danzatori puri ma non solo, c’è un clown, due acrobati e i bellissimi disegni di Francesca Ghermandi, disegnatrice che lavora anche per la rivista Internazionale con i suoi disegni dal tratto molto forte e i suoi personaggi pop e surreali che diventano anch’essi protagonisti dello spettacolo.
Si è vero, c’è questa ricerca che stiamo avviando di una sorta di cartone animato fatto di corpi, che si mescolano con i disegni di Francesca. E’ una specie di circo, con i performer che cercano un modo per divertire e divertirsi nel teatro e di stare in relazione con gli altri, confondendosi con le immagini create apposta per lo spettacolo da Francesca. I disegni e i corpi degli artisti sono parte della drammaturgia.
Quindi torna anche qui questa tua ricerca della comicità.
Sì in parte, anche se non so mai se è comicità, oppure chiedersi da che cosa nasce una risata e soprattutto cosa vuol dire oggi divertirsi e mettere in discussione anche dei modi che abbiamo acquisito. Per esempio anche il battere le mani tutti insieme per tenere il tempo, è un modo banalissimo, una cosa semplice che esiste da sempre, ma che a mio parere merita un’analisi più profonda. Così come l’applauso, perché ci fa sentire parte di una comunità. Applaudire, si scatena una comunità che fa una azione insieme. E questo provoca un piacere, un divertimento, che può essere anche comico perché destruttura dei ritmi. Anch’io nello spettacolo cercherò di scardinare dei ritmi, attraverso delle battute, delle sorprese, delle interruzioni e quindi la mia ricerca sarà sempre nella direzione in che modo posso scaturire una risata seria. C’è un valore nell’intrattenimento fatto bene, che significa mantenere un’attenzione di relazione dentro quello che si sta vivendo insieme e quindi tutto questo ha un valore. Vorrei dare valore a quelle parole che spesso nel teatro fanno paura, perché sono viste come sbagliate. Ci sono parole che vengono giudicate, come per esempio felicità, creare un ambiente felice nel teatro, mi piace mettere in discussione i giudizi, l’uso di alcune parole, che sono state usate male e che invece hanno un valore importante
Anche in questo lavoro Matteo Maffesanti ti affianca alla regia.
Si Matteo mi affianca alla regia, al montaggio dei video, è uno sguardo comune, fondamentale per me, una presenza importantissima
Che cos’è invece questo A corpo libero special che farai a Inequilibrio?
A Inequilibrio proporrò un collage di diversi pezzi di miei lavori, partendo da A corpo libero per arrivare fino a Mon jour per chiudere con una mia versione della Morte del cigno, disquisendo, attraverso la danza, sulla mia idea di comico, per questo ho deciso di chiamarlo A corpo libero special, perché sarà “speciale”.