19 Febbraio 2021

Amore come forma di potere: Nerval Teatro e Fassbinder

Intervista di Claudia Caleca

Le lacrime amare di Petra von Kant è il nuovo lavoro di Nerval Teatro a cui Maurizio Lupinelli ed Elisa Pol hanno lavorato durante la residenza ad Armunia. Tratto dall’omonima pièce di Rainer Werner Fassbinder, il testo teatrale, da cui il regista ha poi realizzato un film nel 1972, è il punto di partenza della ricerca artistica che verte attorno lo studio delle dinamiche di potere nel rapporto amoroso. La compagnia, che da anni si confronta con autori di lingua tedesca come George Büchner, Herbert Achternbusch, Peter Weiss e Werner Schwab, dal 2016 approfondisce l’universo poetico del drammaturgo e regista tedesco che, morto a soli 37 anni, è riuscito con eversione prorompente a svelare molti dei temi tabù per l’epoca.

Maurizio Lupinelli ed Elisa Pol, che dal 2007 intrecciano l’attenzione alla drammaturgia contemporanea, a un percorso artistico con persone che vivono situazioni di marginalità sociale, collaborano al progetto con le attrici Barbara Caviglia, Aura Ghezzi, Camilla Lopez, Laura Serena e Annamaria Troisi. Il disegno luci è di Vincent Longuemare, la direzione tecnica è di Mattia Bagnoli, i costumi sono di Sofia Vannini, mentre la produzione è di Armunia e TPE – Teatro Piemonte Europa in collaborazione con la Residenza Artistica Teatro La Cucina/Olinda e Ravenna Teatro.
Durante la Residenza Artistica ad Armunia, nel corso delle prove, abbiamo avuto occasione di incontrare il regista Maurizio Lupinelli. 

Perché ti sei avvicinato ad un autore come Fassbinder?

Ancora prima di Nerval Teatro, ai primordi della mia carriera teatrale, il confronto con Rainer Werner Fassbinder è sempre stato intenso e stimolante. Dell’autore, che è conosciuto per i suoi film dagli anni ’60 fino all’82, mi colpisce il mettere a nudo la ferita, il dolore e il rapporto di potere. In Le lacrime amare di Petra von Kant, ad esempio, ciò che appare superficialmente è il tema dell’omosessualità ma in realtà si parla dell’amore che “è più freddo della morte”, proprio come dice l’autore, un amore come forma di potere. Fassbinder nasce come teatrante e lavora, in parte, con lo stesso gruppo di giovani anche al cinema: è una “piccola Comune” nello scantinato dell’Antiteatre. Il gruppo riesce quindi a scardinare questioni difficili e temi tabù per l’epoca, come l’omosessualità e la xenofobia, nel difficile scenario del dopoguerra tedesco. Nel mettere a nudo le contraddizioni di un grande paese l’autore fa anche un’importante indagine antropologica. Film televisivi come Welt am Draht (1973) o Berlin Alexanderplatz (1980) analizzano il rapporto vita-uomo-contesto, osservandole sia i lati positivi che negativi. 

Puoi parlarmi dell’esigenza creativa di Lacrime?

Le lacrime amare di Petra von Kant è un testo che amo profondamente e che, da 4 anni, mi impegna come regista. Ho inoltre lavorato a lungo per trovare le persone con cui condividere questo progetto. È un’opera teatrale innovativa scritta nel 1971 in 5 atti che parla di omosessualità e lesbismo come forma di potere. La protagonista Petra, stilista, vive con la silenziosa serva Marlene, che è innamorata di lei, mentre da fuori arrivano nuovi stimoli, Sidonie e Karin. In questa dinamica emerge l’amore come oggetto e possessione: quando si ama visceralmente si può rimanere schiacciati. E’ proprio quando Petra si rende conto che ha questo enorme potere, sfrutta l’occasione fino a soccombere. 

Le questioni di genere sono un tema ancora attuale…

Mi sono infatti chiesto più volte: ha senso mettere in scena Le lacrime quando queste questioni sono già state dette e indagate? Alla fine però mi sono reso conto che quello che vediamo oggi è molto superficiale. In Fassbinder invece la tensione rispetto ai temi sta dentro i rapporti di forza che ognuno di noi attua di fronte al potere. L’autore, nonostante fosse omosessuale, ha sempre amato le donne e non ha mai “giocato” con la sua omosessualità usando invece il terzo occhio. Lo storyboard della Rainer Werner Fassbinder Foundation a Berlino dichiara che Le lacrime era inizialmente scritto per sei personaggi maschili. Questo rovesciamento per me è importante. 

Puoi parlarmi del lavoro sulla messa in scena?

Vorrei che all’interno della messa in scena la presenza cinematografica fosse molto forte attraverso un gioco dell’artificio. Il pubblico non si troverà di fronte all’inizio o alla fine di una scena ma assisterà alla messa in moto di un ingranaggio che procede con propria vita organica. Sto inoltre cercando di immaginare un luogo in cui lo spettatore è coinvolto e può vedere le performers anche quando non recitano il dramma, dove il luogo della rappresentazione possa essere spostato come se fosse un set cinematografico. Sto immaginando la presenza di una serie di piccoli dispositivi da ripresa e che le sequenze di fotogrammi e immagini vadano a fondersi con la drammaturgia del testo per creare un ulteriore piano di straniamento. Un successivo effetto in questo senso è dato dall’interazione tra le performers e le immagini, cercando di trovare una via di uscita dall’angoscia, dalla solitudine, dalla storia, con la costante ricerca dell’amore, per riuscire a vivere e raccontarsi, una tensione che ogni personaggio creato da Fassbinder si porta dentro.

La capacità di provare dolore è proporzionale alla capacità di amare. 

A cura di:
Claudia Caleca

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