9 Settembre 2020

L’esitazione nei frammenti: Aporie dei DEHORS/AUDELA

Intervista di Claudia Caleca

APORIA di DEHORS/AUDELALa ricerca del collettivo DEHORS/AUDELA, ospite in residenza ad Armunia presso il Castello di Rosignano Marittimo, è incentrata su nuove forme espressive che si possono creare attraverso l’ibridazione tra video e performance. Laddove il corpo e l’azione costituiscono il centro della drammaturgia, la sintassi audiovisiva integra e completa la fisicità, al fine di creare un habitat esclusivo, fatto di carne e immagini. Elisa Turco Liveri e Salvatore Insana lavorano su APORIE, prima tappa di una ricerca complessa, dove riflettono sull’esitazione, sul frammento e la non-definizione. Il lavoro, che sarà proiettato al Festival Inequilibrio 2020 venerdì 11 settembre presso la Sala Danesin di Rosignano Marittimo, si nutre inoltre di suggestioni paesaggistiche locali che alimentano la ricerca artistica.

Come è nata la vostra collaborazione?
Elisa: Ci siamo incontrati nel 2010 a Roma nello spazio del Meta-Teatro di Pippo di Marca, dove lavoravo come attrice e organizzatrice. Per l’occasione presentavo il mio primo lavoro di autrice teatrale e Salvatore venne per scrivere una recensione. E’ stato strano perché lui appartiene al mondo del cinema e io a quello teatrale ma fin da subito abbiamo provato a mescolare i linguaggi del video e della performance.
Salvatore: Da quel momento abbiamo cominciato a sperimentare i nostri linguaggi. Durante i primi anni romani abbiamo prodotto lavori in cui il video si mescola con la performance e il teatro, fino a che siamo arrivati al linguaggio più congeniale per il progetto stesso. Negli ultimi anni ci siamo avvicinati alla danza, alla videodanza e a lavori che prevedono solo un’opera audio-visiva, un corto.DEHORS/AUDELA - Armunia - foto di Antonio Ficai

Come collaborano due codici così diversi?
Si può parlare di “perdite” e “guadagni” artistici?

Salvatore: Per me, che lavoro con immagini più o meno pronte, il guadagno è far sì che i corpi viventi possano interagire in modo organico con i corpi in scena. Creo quindi un habitat audiovisivo che fa immergere i corpi in qualcosa di più ampio rispetto alla pura proiezione. Inoltre la costante ibridazione nella performance dal vivo, ha per questo la sua complessità perchè necessita di una tecnica adeguata all’idea iniziale. 
Elisa: il grande limite  è quello che riguarda il sistema produttivo delle arti, in Italia non c’è alcun tipo di sostegno per la videodanza, quindi capita che i nostri lavori siano il frutto di altri tipi di ricerca. Aporie per esempio, nasce dai residui, dagli scarti di lavoro e anche, purtroppo dai ritagli di tempo. Non c’è mai uno spazio o un tempo dedicato alla  videodanza, siamo noi che ce lo ricaviamo. A volte è una grande cosa perché dai “rifiuti” emergono cose molto più interessanti  rispetto alle aspettative ma, dal punto di vista dei sostegni, ci sentiamo fuori da ogni possibilità produttiva. 

A proposito della vostra residenza primaverile interrotta… il lockdown ha spostato la linea di ricerca del lavoro originale a quello che è adesso?
Elisa: Per me si è accentuato qualcosa che era già nella natura del progetto. Aporie, diviso in quattro, è un qualcosa di frammentato, che non richiede di forzare il montaggio. Quindi lavorare non sapendo dove andrà a finire e dove sarà collocato il lavoro, ha rafforzato questa strada: lasciare quindi che i materiali emergano senza immaginare un discorso di spettacolo con un arco drammaturgico o una costruzione netta. Il tutto rimane fluttuante in un luogo utopico dove queste cellule si stanno generando.

Da dove nasce la necessità di Aporie?
Salvatore: Durante la fase di ricerca abbiamo raccolto più materiale del previsto, che si è trasformato in performance. Da febbraio abbiamo cominciato a lavorare con i tre danzatori, Alice Ruggero, Andrea Sassoli e Cecilia Ventriglia, che saranno in video: quella che doveva esser una performance ritorna ad esser materiale video, che tornerà in futuro ad esser performance dal vivo. 
Elisa: Aporie è un punto di forza e riflessione sul materiale raccolto. E’ un insieme di appunti di lavoro da mescolare e metter insieme in maniera provvisoria per mostrarli al pubblico. Lo considero una tappa di ricerca importante che non concepisco come spettacolo ma come se aprissi la mia stanza privata e facessi osservare i materiali così per come sono. Ciò si ricollega al mantenere le cellule vaganti.
Salvatore: Ciò che presenteremo è per l’appunto una delle possibili varianti del progetto, uno dei possibili modi della ricerca.

DEHORS/AUDELA - Armunia - foto di Antonio FicaiSecondo voi che tipo di fruizione è?
Elisa: Non è la prima volta che approcciamo il pubblico in questo modo, dove mostriamo cose non finite o intervengo direttamente. Secondo me è interessante perché le persone sono chiamate completamente dentro il processo creativo: non viene imposta una forma ma si fanno vedere i pezzi, un qualcosa di molto nutriente. Sto pensando che possa diventare una poetica definita nel suo non-esser definito.

Quindi Aporie oggi è così ma tra qualche mese potrebbe cambiare…  
Salvatore: Si trasformerà sicuramente perché continueremo a lavorarci. L’argomento di partenza è lo studio sulla condizione dell’esitazione, sia come problema non risolvibile , sia come possibilità aperta a molte soluzioni.  Indaghiamo quel momento ricco di possibilità che viene spesso tralasciato, procediamo concentrandoci su una serie di elementi che il corpo trasforma in altro, come la sospensione o l’oscillazione tra un’azione e la successiva, la tensione di forze contrapposte che costringono il corpo a star lì senza avanzare nell’azione. E’ un gioco di sfumature, variazioni. Per questo motivo Aporie è previsto in varie parti, dove in ognuna affrontiamo l’argomento da un punto di vista diverso. 

Come si inserisce questa tensione con la drammaturgia video?
Salvatore: Come sintassi audiovisiva: ciò che i corpi fanno si traduce in loop, frammento ripetuto, reverse, inceppamento. E’ l’atmosfera che nasce dal montaggio. 

Cosa vi ha affascinato dello spazio di Rosignano Marittimo?
Elisa: Siamo stati in Zona Poggetti fino alla Villa, dove abbiamo fatto due riprese con due luci diverse, poi nella zona del molino a vento cui sono seguite altre passeggiate per esplorare il borgo. E’ stato soddisfacente. 

Da attrice a performer: come si è trasformato il tuo percorso artistico?
Elisa: Ho partecipato all’ERT, il mio insegnate era allievo di Grotowski e Barba e per due anni non facevo altro che training. Ciò ha significato per me avvicinarmi alla fisicità e, dopo la scuola, iniziare lo studio della danza contemporanea accumulando una serie di esperienze che mi hanno portata a fare la performer, come ibrido difficile da definire. 

Noi non sappiamo cosa fare, come fare, quale risposta dare.
Noi sappiamo cosa non fare, come non fare, quale risposta non dare.

DEHORS/AUDELA - Armunia - foto di Antonio Ficai

A cura di:
Claudia Caleca

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