Tributo a Violeta Parra: un Cile lontano ma familiare del duo Arevalos-Lopez
Intervista di Elena Pancioli
Matteo Ramon Arevalos e Camilla Lopez ci trasportano in Cile attraverso le parole e le musiche di Violeta Parra, cantautrice, poetessa, pittrice cilena che con le sue canzoni cercava di riscattare la cultura popolare inscrivendosi nella cerchia di artisti della Nueva Cancion Cilena. Arevalos e Lopez nel concerto Tributo a Violeta Parra evocheranno un Cile spirituale e lontano, ma anche familiare e personale.
Chi era Violeta Parra, come artista e donna? Cosa raccontava nelle sue canzoni? Qual è la sua cifra stilistica?
Violeta Parra è stata cantautrice, compositrice, poetessa, interprete e pittrice, una donna creativa. Veniva da una famiglia povera e numerosa. Cominciò prestissimo ad esibirsi insieme ai fratelli.
Violeta ha consacrato tutta la sua vita a cercare di riscattare la canzone popolare, la poesia popolare. Il suo lavoro partiva dall’esigenza di trattenere le origini, le radici della cultura popolare cilena e, in quegli anni, questa sua ricerca acquisì quasi subito un valore politico anti- imperialista. Erano gli anni dell’espansione culturale nord- americana.
Violeta desiderava portare alla luce la vera arte popolare. Lei stessa era una donna del popolo e quella poesia che cercava di far sopravvivere era anche sua, tanto che da lì, riuscì a comporre anche canzoni completamente nuove. In lei la forte personalità individuale e artistica conviveva con quello che era un motore della Nueva Canciòn Chilena: un grande senso di comunità, di collettività.
Le canzoni di Violeta hanno qualcosa di atavico, ascoltandole qualcosa si muove dentro. Nei suoi testi c’è l’essere umano, la morte, il dolore, ci sono spiritualità e terra, c’è una vita pulsante e una saggezza istintiva.
Gracias a la vida è il suo testamento spirituale, cosa ci dice?
In Gracias a la vida, forse la sua canzone più conosciuta, si eleva lo spirito di Violeta, puro, cristallino e ruvido al tempo stesso. Emerge in questa canzone una grande tristezza, ma anche una grande gratitudine, un senso di calore.
Gracias a la vida è una preghiera, un ringraziamento, un saluto alla vita. E’ difficile ascoltarla senza provare emozioni antiche, le definirei così. Come quando si sta di notte a guardare il cielo nero. Uno degli ultimi versi dice così:
Y el canto de todos que es mi propio canto
Troviamo che siano parole dense e forse ci dicono che questo canto solitario, che è in fondo la vita, è una solitudine di tutti, dunque, chissà, siamo meno soli di quel che a volte percepiamo di essere.
Com’è nata l’idea di questo concerto? Qual è stato il vostro approccio alla sua musica? Su che basi verte la scelta/selezione delle canzoni per il concerto?
Abbiamo entrambi un legame con l’america latina. Entrambi i nostri padri erano latinoamericani, indio. Perciò, pur essendo nati e cresciuti in Italia, qualcosa di queste canzoni ci ha toccato. Lo spagnolo è forse una lingua che ha per entrambi radici emotive.
Io non parlo lo spagnolo, ma il suono di questa lingua ce l’ho nel cuore. Ho sempre amato istintivamente le canzoni in lingua spagnola, alcune mio padre me le cantava quando ero bambina (Camilla).
Parlo un po’ lo spagnolo, anche se a mio papà, quando dal Messico si trasferirono negli anni trenta in California, era vietato parlare lo spagnolo, perché erano visti come come stranieri. Sono cresciuto sempre con tanta musica suonata in famiglia e gli Inti- Illimani (gruppo musicale cileno) erano molto amati (Matteo).
L’idea del concerto è nata in maniera molto semplice: abbiamo deciso che per noi entrare nell’universo della musica latino americana, di Violeta Parra in particolare, aveva un senso, ci risuonava nello spirito, ed ecco che abbiamo iniziato a provare le canzoni, una per volta, scegliendo di volta in volta quelle che ci piacevano di più.
Qual è la vostra interpretazione delle canzoni e delle musiche di Violeta Parra, siete rimasti completamente fedeli?
Rimanere fedeli sarebbe stato impossibile. Violeta veniva da un mondo che non è il nostro. Noi possiamo solo prendere quello che possiamo, rubare un po’ del suo spirito (questa parola ritorna, sarà l’indio che è in noi che salta fuori in qualche modo), attingendo anche alle nostre radici, che hanno del terreno comune con Violeta, ma sono radici lontane, che solo da lontano possono parlarci.
Solo il fatto che utilizziamo un pianoforte non ci rende fedeli.
Però le canzoni di Violeta Parra ci sono. Ci siamo noi e ci sono loro. Insieme qualcosa faremo.
(Domanda di rito) Il tempo di sospensione dovuto alla pandemia, per vostro conto, cosa lascia al mondo della musica e nel vostro lavoro di artisti/musicisti?
Il senso di indeterminatezza è forte, ma c’è una grande voglia di tornare a Fare, mettere le mani in pasta, praticare. L’arte esiste nella pratica e senza quella, rischia di morire, o comunque di perdere peso e significato. La pratica poi, non riguarda solo in senso stretto l’arte, ma anche lo stare con gli altri, la pratica della condivisione, che va faticosamente affrontata, con pazienza, sempre nel nostro lavoro. La sospensione dovuta alla pandemia ha congelato tutto questo. Speriamo che il ghiaccio si sciolga.