Pino Basile e Il loop della Murgia: un luogo antropologico e sonoro
Intervista di Elena Pancioli
Abbiamo intervistato Pino Basile musicista e performer, diplomato a Matera in Strumenti a Percussione, è impegnato da qualche anno nella ricerca e nello studio di strumenti della tradizione e cultura dell’Italia meridionale. Nella prima parte del Festival Inequilibrio 2020 ci racconterà il 6 luglio nel concerto Il loop della Murgia, attraverso suoni antichi e contemporanei, le storie di un luogo reale e immaginario, «libero e selvatico».
Lo vedremo anche in scena il 7 luglio con Giselda Ranieri in Blind Date 2.0, una collaborazione nata ad Armunia.
Con l’unione di musiche antiche e moderne che cosa vuoi trasmetterci?
Un gesto di contemporaneità. Per me la storia passata e presente è la superficie su cui vivere la propria quotidianità, attraverso il personale processo creativo.
Cos’è il loop?
Il loop è una ripetizione infinita di una frase musicale, e quindi di un gesto, così come di un pensiero, di un fatto. Nel mio caso sfrutto ironicamente l’assonanza dialettale con la parola ‘lupo’ spingendomi ad immaginare di essere un animale libero e selvatico in giro per un territorio che, per me, è un luogo geografico e antropologico ben definito: l’altopiano delle Murge
Cosa intendi quando parli di strumenti effimeri della tradizione reale e immaginaria?
Da noi, così come un po’ ovunque nella tradizione agro-pastorale, c’è un repertorio di canti e di suoni realizzati con strumenti musicali cosiddetti ‘effimeri’.
Essi sono costruiti per l’occasione con materiali naturali (piante, ecc.) o di riciclo e utilizzati alla stregua di veri e propri strumenti musicali. La ricerca sul campo mi ha fatto scoprire strumenti effimeri, provenienti dalla tradizione, che ho pian piano cominciato a fare miei, sia nel concetto che nella pratica, e così ho cominciato ad inventarmene di miei.
Quali strumenti (tradizionali e contemporanei) utilizzi in particolare?
Negli ultimi anni utilizzo prettamente strumenti tradizionali ed effimeri utilizzando un approccio pressoché contemporaneo. Mi riferisco al tamburello così come alla cupa cupa, alle ocarine tradizionali non temperate e alla voce.
Com’è nata l’idea di questo concerto? Su che basi verte la scelta/selezione degli strumenti e dei suoni?
Il Loop della Murgia è una formula in solo che mi accompagna da anni, per me è un luogo dove mi ritrovo a raccontare storie a volte astratte a volte frammentate, mi immagino una sorta di pastorello solitario che vaga col suo modestissimo gregge fatto di pensieri, anche vaganti, e di suoni captati nell’aria grazie ad un vento che frequentemente soffia dalle nostre parti che molto spesso condiziona e modella il nostro stato d’animo.
Qual è la particolarità sonora della Murgia?
Personalmente immagino un suono secco e cupo, non fastidioso ma molto presente, lo dico pensando molto al suono del nostro dialetto fatto di poche vocali, molto ritmico e ostico. Se ci sono delle risonanze sono spesso interiori.
Cosa ti aspetti dalla collaborazione con Giselda Ranieri?
Beh… il trucco per aspettarsi qualcosa di bello è non aspettarsi nulla e arrivare all’incontro senza preconcetti e aspettative. Sicuramente sarà un autentico bel momento di conoscenza, dialogo e ascolto reciproco. Da musicista dico che ciò è l’essenza dell’improvvisazione.
(Domanda di rito) Il tempo di sospensione dovuto alla pandemia, per tuo conto, cosa lascia al mondo della musica e nel tuo lavoro di artista/musicista?
Per fare proprio un concetto molto indiano della vita, credo che ogni volta che accade qualcosa di particolare come una pandemia, una perdita, una distruzione bisogna viverla come un momento di purificazione e di cambio, seppur drastico, è condizione necessaria per dare spazio ad una rigenerazione materiale e soprattutto interiore. Io l’ho vissuta come una evoluzione, o almeno mi sono sforzato di farlo.