24 Febbraio 2020

Residenze creative: Francesca Sarteanesi e il suo “Almeno Nevicasse”

Intervista di Elena Pancioli

Francesca Sarteanesi attrice e artista, dopo lo spettacolo Bella Bestia in coppia con Luisa Bosi,  torna ad Armunia con un laboratorio intitolato Almeno Nevicasse, le parole che ci portiamo dentro. Un percorso creativo che Francesca affida alle parole di ciascuna persona, offrendogli la possibilità di dirle. Il laboratorio è diviso in fasi “parte da dentro, scava nel cervello, attraversa il cuore e poi si esprime” con parole ricamate su maglioni. Un maglione, ci dice Francesca: «è un indumento che sta a contatto con il corpo, con la pelle, con la persona». Questa breve intervista racconta la nascita e lo sviluppo del nuovo lavoro che pur fondandosi sulla ricerca intorno alla scrittura teatrale, se ne allontana, per esplorare nuove possibilità:

«si creano in me delle ossessioni e spesso queste sono legate alla parola»

Le prime due parole che hai ricamato sul maglione sono state Almeno Nevicasse, attualmente il titolo del progetto. Che significato hanno per te? Cosa ti ha spinto a farne un laboratorio?
Francesca: Almeno Nevicasse è nato nell’ottobre del 2018 nel momento in cui ricamai su un maglione che avevo in casa questa frase con  l’unico punto che sapevo. Era un periodo strano della mia vita, pieno di vuoti e di cambiamenti. Momenti mai vissuti fino a lì. Ero una Francesca irriconoscibile ai miei stessi occhi. Stavo diventando qualcosa che non capivo. Almeno Nevicasse sono state le prime parole che ho scritto per caso ed erano per me, in quel momento, un grido. Chiedevo che succedesse qualcosa in quel momento, lì, in ottobre, per smuovere quella situazione di blocco e stasi in cui mi trovavo.
Parlandone poi anche con persone vicine a me ho iniziato a ricamare frasi e parole che avevo bloccate nello stomaco, non digerite. Ricamavo non tanto per liberarmi di esse ma per concretizzarle e farle uscire dal loro originario contesto, giocando a ridefinirle.
L’idea laboratoriale nasce dalla proposta che mi fu fatta da una scuola di moda di Milano che mi chiese di fare una lezione. Mentre ero lì mi resi conto che stava succedendo quello che succede nei laboratori di teatro o di scrittura che conduco. Le frasi e le parole finali ricamate sui maglioni erano il frutto di stimoli e riflessioni precedenti: si inizia sempre da esperienze personali per comprendersi.
La creazione in me è sempre stata mossa da dei periodi negativi, delle “buche” in cui cadevo, da lì derivava l’ispirazione. Invece adesso sto capendo che l’ispirazione può nascere anche da situazioni belle, positive e colorate come lo sono le scritte (fluo) sui maglioni.

Questo laboratorio si è sviluppato in tre fasi. Ce le racconti?
Francesca: Indicativamente il laboratorio si struttura in tre giorni. Con i partecipati abbiamo individuato il loro “almeno nevicasse” ossia il proprio argomento che può essere una persona, un momento, qualsiasi cosa che si ha a cuore e che si ha voglia di “rivivere”, “tornarci dentro”, aprire. Abbiamo poi fatto un lavoro di scrittura: partendo da un’immagine, un racconto e degli appunti sulle proprie vite, ogni persona si creava uno schema personale che via via si delineava sempre di più. Ad alcune signore ho dato degli stimoli attraverso domande. La fase successiva consisteva nell’individuare la posizione, il luogo, il “dove” inserire il tutto che è fondamentale: puoi decidere di mettere la frase dietro e non vederla più o metterla davanti per presentarti e lanciare un messaggio. Ad ogni parte del copro si può associare un significato personale. In tutto questo, per me, è fondamentale il lavoro, l’azione che modifica di un oggetto, che può anche consistere nel tagliare, bruciare quell’oggetto.
Durante l’ultimo giorno siamo andati in giro per Rosignano Marittimo e abbiamo fatto un set fotografico nei negozi, nelle botteghe, nelle case e nella piazza portando in giro i maglioni. Per finire faremo un lavoro “a ritroso” riprendendo gli scritti iniziali e cominciando a unirli per usarli in altri modi, forse per una lettura, una performance, una mostra durante in Festival.

«Non so ancora come si evolverà il progetto. Per adesso è un modo diverso di elaborare le idee, le emozioni e i momenti. È molto libero e non mi sento di chiuderlo in un tema o confezionarlo. Per me il carattere performativo si è risolto con un attraversamento del paese. È importante il contatto con gli altri, con il fuori dopo il periodo di chiusura e lavoro su sé stessi. Uscendo e condividendo la tua frase-parola diventi parte del paesaggio».

Ci sarà un altro laboratorio?
Francesca
: Si, la prossima tappa sarà a maggio, sempre qua, ad Armunia.

A cura di:
Elena Pancioli

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