Roberto Latini: la costruzione dell’immaginazione
Intervista di Gianluca Grimaldi
Un teatro che si fa metafora nel senso più pieno del termine, una possibilità data allo spettatore di immaginare, più di quanto sia fatto dall’artista stesso. E’ il teatro di Roberto Latini, di Fortebraccio Teatro, che alla 22° edizione del Festival Inequilibrio ha messo in scena l’esito sofferente di un uomo, i suoi ultimi passi verso l’uscita definitiva di scena.
Lo spettacolo In Exitu è tratto dall’omonimo romanzo di Giovanni Testori del 1988. Qual è stata la sua personale rilettura del testo?
Roberto Latini: Il percorso più complesso è stato quello della riduzione dal romanzo. Un romanzo bellissimo e ricco di una ricchezza immaginifica, completamente immerso nella capacità di Testori di navigare dentro la grammatica, le parole. Farne una riduzione e poi fare un adattamento di quella riduzione è stata la parte più complessa perché ho dovuto far pace con delle rinunce, ho dovuto rinunciare a delle parti. Quando poi ci si trova dinanzi a un romanzo, una lettura, si ha la possibilità di tornare indietro, tornare a una riga precedente, cosa che invece a teatro non è possibile. Quindi bisogna capire come mantenere quella bellezza. Il passaggio decisivo è stato come abbandonarsi a questa giostra tra suono e senso che è Testori.
Il romanzo è molto celebre per il suo linguaggio. Come si è riusciti a mantenerlo intatto anche in un adattamento teatrale?
Roberto Latini: Come normalmente si può stabile rispetto ai testi, rispetto alla qualità di un testo che si può misurare rispetto alla qualità del silenzio che esso produce La qualità del silenzio che produce questo testo di Testori è notevolissima. In realtà questo è il meccanismo che poi mi porta a scegliere dove lo spettacolo ha la capacità di tacere, che vuol dire mettersi in un silenzio diverso dal mutismo. Allora la scelta si è basata dunque dove il testo permetteva questi silenzi.
Il tema di fondo è quello dell’uscita di scena, della morte. Un tema non estraneo al mondo teatrale, ma non per questo semplice da portare in scena. Qual è stata la difficoltà maggiore in questo senso?
Roberto Latini: Quella di decidere qual era il livello d’adesione rispetto al personaggio, cosa di cui mi curo molto poco rispetto invece all’assecondare il meccanismo, ad assecondare il gioco, nel senso nobile del termine, o comunque la capacità, il respiro di andarsi ad articolare in parole, di andarsi a comporre in immagini. Questa è una speranza, quello che spero accada. Il teatro dovrebbe costruire immaginazioni, non dovrebbe costruire immagini.
Dopo la prima al Napoli Teatro Festival ho letto una recensione sul Corriere dello Spettacolo in cui In Exitu veniva definito una via crucis. La via crucis è un percorso che porta alla morte, ma anche alla vita nuova, a una verità. E’ un concetto che sente di poter attribuire al suo spettacolo?
Roberto Latini: Spero sempre che gli spettatori vedano altro rispetto a quello che proponiamo noi. Non disturbare lo spettacolo è una regola importantissima, nel senso di non disturbare lo spettacolo che ogni spettatore costruisce e che si trova di fronte. Spero che non vedano il mio: il mio è fatto di molte meno cose rispetto a quelle che uno spettatore potenzialmente può vedere. Quindi se a una via crucis mettiamo una passione, una crocifissione, sicuramente pensando al testo è qualcosa che c’è costantemente. Una resurrezione. C’è anche l’angelo del sepolcro che arriva costantemente e domanda “chi cercate?”
Rimanendo sul piano dello spettatore. Questi può porsi da un lato catartico o meramente contemplativo verso il suo spettacolo? Ha scelta o in qualche modo è indirizzato a una delle due direzioni?
Roberto: Spero sempre di no. Spero che ogni spettatore viva lo spettacolo, che è una parola inadatta e mi piace usare per questo, perché non è capace di farsi sintesi. E’ come un’occasione. Io non so se il teatro accadrà. Sicuramente non stiamo mettendo in scena Testori, ma stiamo tentando un’occasione teatrale attraverso Testori. Nessun atteggiamento diverso se non questo.
Cosa significa tornare al Festival Inequilibrio?
Roberto: Sono stato tante volte qui. Ogni volta non mi sembra di andar via, non mi sembra di tornare, mi sembra sia stato un percorso fin qui, articolato in varie fasi, varie tappe, articolato in un unico stare.