29 Giugno 2019

Gli artisti della mostra “/ke’bɛk/” si raccontano insieme alla curatrice Anna Maria Monteverdi

Intervista di Roberto Berti

Mostra Robert Lepage - Inequilibrio 22 - foto di Antonio FicaiAnna Maria Monteverdi, grande esperta di Robert Lepage, ha dato vita, con la collaborazione di Armunia, ad una mostra site specific la cui inaugurazione è avvenuta il 26 giugno presso il Castello Pasquini di Castiglioncello in occasione del Festival Inequilibrio 22. La mostra è incentrata sulla figura di Robert Lepage, uno dei più grandi registi cinematografici e di teatro esistenti, noto per la sua attività registica con il Cirque du Soleil.

Assieme a Marzio Emilio Villa, Virginie Bujold-Paré, Lino Strangis e Gianluca Rigo, la curatrice ha voluto omaggiare l’artista che più di ogni altro ha portato all’attenzione del grande pubblico la provincia canadese del Québec intesa come crogiolo di storia, culture e tradizioni molto diverse tra loro.

“Abbiamo riletto i testi teatrali di Lepage e ci siamo accorti che quelle persone di cui racconta esistono davvero.”
Anna Maria Monteverdi

La mostra rimarrà aperta fino alla fine del festival, il 7 luglio 2019, tutte le sere dalle 18.00  alle 23.00

Mostra Robert Lepage - Inequilibrio 22 - foto di Antonio Ficai Come è nata la vostra collaborazione?
Marzio: Io e Gianluca ci conosciamo da vent’anni. In giovinezza avevamo uno studio artistico in cui abbiamo lavorato fino al momento del nostro trasferimento in Francia, che ci ha portati ad avere percorsi fotografici indipendenti. Adesso abbiamo un collettivo franco-italiano che comprende noi e altri 3 fotografi. Un giorno Anna, che è stata mia docente, mi chiese di fare delle foto e video (seguendo il tema proposto, n.d.r.) in Canada e mi rivolsi a Gianluca. Virginie invece è la mia ragazza. Anna è la guida del progetto, ci ha suggerito cosa andava fatto e cosa no per poter garantire una visione contemporanea nel rispetto di tutti, degli abitanti di origine europea presenti in America e dei nativi che hanno visto gli europei arrivare nella loro terra. Per fare questo ho dovuto chiedere aiuto a Virginie, anche per migliorare me stesso, per avere una visione più ampia del mondo dato che la nostra è eurocentrica. Virginie invece ha origine indiane ed è musicista, quindi conosce bene le sottigliezze della cultura del Québec. È riuscita, ad esempio, a riarrangiare una ninnananna indiana, un canto che si impara da bambini che è stato tramandato oralmente fino al giorno d’oggi. Non a caso lei è anche nella locandina della mostra. Lepage nel suo ultimo spettacolo infatti parla di indiani: è tutto legato a questo scenario.

Virginie Bujold-Paré - Mostra Robert Lepage - Inequilibrio 22 - foto di Antonio FicaiCome è stato eseguito questo adattamento culturale e musicale?
Virginie: Sono interessata alla ricerca della musica tradizionale indiana del mio paese; studio infatti presso una scuola di etno-musicologia alla Sorbona di Parigi. Per il primo brano è stato fatto un lavoro di ricerca sull’origine del canto sebbene sia difficile individuare quale delle diverse popolazioni indiane presenti in Québec l’abbia realizzata per prima. Diverse traduzioni sono disponibili su internet, ma sono confuse. Per questo motivo è stata scelta questa canzone: qualsiasi “Québécoise” che senta la canzone ha bene in mente cosa significhi. Ho mantenuto la melodia e l’ho arrangiata con controcanti, armonie, accordi multipli di note per cercare una chiave occidentale ad una melodia che non lo è, che ha dissonanze, mezzi toni. Per la seconda canzone ho mantenuto le note e le ho arrangiate cercando di fare un omaggio al popolo lakota ; è una mia composizione basata su note preesistenti. Lo spirito del brano è una composizione personale, ci ho messo molto sentimento, i brani sono molto sentiti. 
Per me è importante la differenza tra tonale e modale: Ho infatti scelto strumenti occidentali (piano, violoncello e violino) suonati su una scala modale che al nostro orecchio può suonare “straniera”. In pratica ho suonato con strumenti occidentali melodie dei popoli nativi per mischiare i due mondi, in un tentativo di riunione di questi in chiave più intellettuale. È il risultato di un “miscuglio” (“melange”) di popolazioni diverse, un utilizzo di un’eredità musicale europea riportata in un altro continente. 

Marzio Emilio Villa - Inequilibrio 22 - foto di Antonio Ficai Riguardo il lavoro fotografico, quale è stato il tuo approccio? Cosa ti ha guidato?
Marzio: Innanzitutto la scelta “termica”: la batteria delle macchine digitali non tiene a quelle temperature (-25° centigradi) e quindi la scelta è ricaduta sulle macchine a pellicola , anche se avevo paura si spezzasse, cosa che per fortuna non è successa. Anna poi mi ha dato delle location da rispettare, per esempio il fiume San Lorenzo in Québec. Essendo molto lungo ho fatto più scatti in diverse città e punti attraversati dal fiume. Abbiamo camminato, ci siamo spostati molto in auto con temperature gelide e fotografato chiedendo a Virginie quali fossero gli elementi più rappresentativi culturalmente, socialmente. Ho cercato di trovare nella normalità di tutti i giorni l’esempio universale della vita familiare in quelle terre, nel Canada. 

Lino Strangis - Mostra Robert Lepage - Inequilibrio 22 - foto di Antonio Ficai Lino, il tuo lavoro è stato eseguito in contemporanea a quello di Marzio o successivamente?
Lino: In un certo senso a specchio; Da un lato mentre loro (Marzio, Gianluca e Virginie) erano sul posto io ho fatto un lavoro a cui ero abituato: ho tentato di fare un viaggio in un luogo dove non ero mai stato tramite l’uso di certe tecnologie. Per esempio all’inizio del film ho voluto fare una sorta di volo d’uccello tramite google art VR a partire dai luoghi in cui loro erano fisicamente presenti in quel momento fino allo studio di Lepage. Con il casco per realtà virtuale e l’aiuto del joypad, tramite il satellite, ho guidato lo sguardo come con un drone fino agli stessi luoghi dove Marzio stava scattando.
L’altro lato è quello mentale, del “viaggio fatto con la mente”, tentare di riportare in qualche modo tutto ciò che di non detto si era venuto a creare. Dunque un’opera globale che tocca sia il conscio che l’inconscio. Nella seconda parte della video installazione invece sono più presenti gli spettacoli e il lavoro di Lepage.
Con Lepage condivido la convinzione che la teatralità sia molto più importante del teatro e per questo è stato bello confrontarsi con il più grande esempio possibile di ciò su cui tra l’altro mi sto focalizzando con il mio lavoro. Credo che sia stata una sorta di operazione metalinguistica.

Mostra Robert Lepage - Inequilibrio 22 - foto di Antonio Ficai Come si colloca questa mostra all’interno del tuo percorso personale? Come vedi la vostra presenza a Inequilibrio 22?
Anna Maria: Penso che Robert sarebbe molto soddisfatto di vedere realizzata una interpretazione critica o comunque una interpretazione del suo lavoro in altra forma.
Io sono curatrice nel senso che ho individuato le persone adatte a quello che era il progetto che avevo in mente.
Lino ad esempio è riuscito a tradurre i nostri concetti in una forma di video-arte avanzata. La sfida è stata farla finita con la tipica forma televisiva e creare invece qualcosa che abbia il coraggio di dire attraverso le immagini. Dopo 20 anni ho pubblicato una monografia che considero il termine della mia ricerca su questo autore. Subito dopo però ho iniziato a vedere il suo lavoro da altri punti di vista.
Ritengo che noi, con il nostro lavoro, apparteniamo in pieno allo spirito di Armunia e di Inequilibrio. Come ricercatrice tengo a dire che al termine della mia ultima pubblicazione su Robert gli ho chiesto di scrivere in prima persona la prefazione. A causa di vari suoi impegni la cosa non è stata possibile e io non volevo insistere troppo, ma per questa mostra ho deciso di farlo per avere una sua introduzione e, dopo aver visionato le immagini della mostra, ha acconsentito a scrivercela.

Mostra Robert Lepage - Inequilibrio 22 - foto di Antonio Ficai Quindi non era la prima volta che ti interessavi al suo lavoro?
Anna Maria: Assolutamente no, il mio dottorato verteva sul suo lavoro e l’ho intervistato svariate volte, ho intervistato anche il suo scenografo e questo materiale è in parte visibile nel lavoro di Lino.
Fare un montaggio di interviste non mi sembrava interessante, ma quando ho visto le prime idee di Lino ho avuto l’illuminazione: “Ecco, è questo”.
Per me è stata davvero una soddisfazione, anche per la partecipazione delle autorità, con le quali tra l’altro c’è stato un dialogo facile. C’è stata molta partecipazione.

Lino: Credo che quando tratti certi nomi di base ci sia un interesse forte. La nostra abilità è stata quella di riuscire a mettere insieme i nostri percorsi professionali e ottenere un effetto che magari con un altro soggetto avrebbe avuto minor risonanza. Fare un lavoro su Lepage è stato anche un grande stimolo che ci ha fatti lavorare molto velocemente e con energia, io per esempio ho messo questo lavoro al centro di tutto. 

Gianluca: Quello che ha reso tutto facile è il fatto che ci conoscevamo tutti molto bene e avevamo anche già lavorato assieme. La difficoltà è stata unificare il materiale video con quello musicale, lasciando che il fruitore capisca il messaggio che si vuole dare, ma che possa anche trovare lo spazio per una sua interpretazione. Ricordo anche un episodio durante la registrazione audio in cui c’è stata una forte grandinata. Pensavamo di dover rifare tutto e invece abbiamo deciso di tenerla così, per lasciar trasparire l’ambiente che si era venuto a creare.

A cura di:
Roberto Berti

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