Elena De Carolis: una Medea contemporanea tra teatro e musica
Incontro Elena De Carolis, insieme all’aiuto regia Sara Fallani e alla scenografa Francesca Lombardi, un sabato assolato di marzo, non nelle sale di Castello Pasquini ma al capannone che Armunia riserva alle produzioni più imponenti. In questo caso una Medea. L’incontro è caratterizzato dalla tensione, positiva, che hanno le cose nuove: nuovo è infatti il progetto, nuove le collaborazioni che questo mette in campo e nuova è la scelta della De Carolis di lavorare su uno spettacolo in maniera autonoma, facendosene drammaturga, regista e attrice.
Nell’urgenza percepita di raccontarsi, Elena De Carolis svela il proprio lavoro e l’approccio alla creazione artistica: la scelta di lavorare in gruppo ma su un materiale che risente fortemente della sua impronta. Le parole scorrono come un fiume in piena e senza bisogno di fare domande ho netta davanti a me la sensazione di trovarmi di fronte ad un’artista pronta a fare un salto.
“Per me questa è un’esperienza importante, perché è uno spettacolo davvero mio. A parte una regia, che feci appena uscita dalla scuola di teatro, ho sempre lavorato con altri, in particolare con Andrea Lanza, le cui regie hanno un’estetica e una poetica molto forte. La contaminazione tra linguaggi come elemento fondamentale della creazione mi proviene proprio dal lavoro fatto con Lanza, così come la precisione e il rigore nella pratica…
Con questo spettacolo quindi mi metto alla prova, voglio tirare un po’ le fila di tutti questi anni di lavoro formativo, voglio cercare la mia poetica”
La Medea di riferimento è quella di Christa Wolf, ma il testo messo in scena è originale. Il sottotitolo, Live in Corinth, mi conferma la sensazione provata durante la breve prova a cui ho assistito. “Live” perché il filo conduttore dello spettacolo sarà la dimensione del concerto musicale. Un live rock “intimo e poetico, gridato e plateale”, con l’obiettivo di attraversare la storia della protagonista greca attraverso un vero e proprio spettacolo a brani.
“Medea mi interessa in quanto donna forte – prosegue l’artista – sacerdotessa, figlia di re, e sopratutto straniera, condizione che io sento molto vicina a me. Io mi sposto molto e l’ estraneità al luogo in cui mi trovo, alle persone e forse anche al mondo in cui vivo in questo momento storico è una sensazione che percepisco profondamente e che tocca questioni anche molto intime, anche piccole della mia esistenza”.
Inaspettatamente l’artista porta in campo una riflessione sui nuovi generi musicali indie e trap e sul fatto che nei testi prevalgano esperienze personali a discapito, forse soltanto apparentemente, di una considerazione più ampia rivolta a politica e società. “Stanno succedendo talmente tante cose intorno a noi, la complessità dei fatti che accadono, del loro continuo intersecarsi a più livelli tra politica, economia, società, è talmente ampia che diventa difficile riuscire a concentrarsi, a capire. É troppo per una persona sola, magari giovanissima, riuscire a inglobare tutta questa complessità. Io sono laureata in economia e scienze politiche, e sono sempre stata molto interessata alla politica, ma il sovraffollamento di questo tempo contemporaneo mi spinge paradossalmente all’urgenza di tornare all’intimità, di tornare a me. Non in senso egoistico, individualista, al contrario: la necessità di ripartire da noi stessi per poi guardarci intorno e aprirci nuovamente.
Sono sicura che se avessi fatto Medea qualche anno fa sarebbe stato uno spettacolo molto più politico, nell’accezione con cui lo intendiamo comunemente. Credo invece che oggi per essere davvero politici si debba ripartire dal minima dimensione, dallo stare dentro un lavoro pienamente consapevoli di ciò che ci accade. Fare Medea oggi è per me necessario: ripartire dall’umanità del personaggio”.
Continuiamo a parlare e insieme mi raccontano il modo in cui stanno lavorando in collettivo, attraverso uno sviluppo parallelo e complementare dei diversi linguaggi.
“Ognuno in autonomia e in reciproca influenza sta producendo e creando parti dello spettacolo”.
Così, partendo da zero, dai testi di Elena De Carolis, Lorenzo Saini sta componendo le musiche e Filippo Trambusti le luci. Scene e costumi sono a opera di Francesca Lombardi, che mi racconta come è arrivata alla costruzione degli elementi di scena, mescolando suggestioni del personaggio alla propria personale esperienza e all’amore per l’Islanda, sua seconda casa. Non mi è dato svelarvi qui i costumi di scena , che posso però assicurarvi essere la perfetta concretizzazione dell’ambito clima da concerto:
“La scelta di mettere lo spettacolo in musica – mi svela Elena De Carolis – è legata al fatto che oggi i concerti stanno trovando nuova vita e c’è sempre più una ripresa di questo tipo di manifestazioni. Paradossalmente, nonostante oggi sia molto più facile rispetto a prima ascoltare musica, si percepisce la voglia e l’esigenza di andare in un luogo, per stare insieme e vivere un’esperienza. Io vorrei che questo spettacolo avesse come target di riferimento i più giovani, o meglio che potesse essere anche per loro senza essere considerato distante. Certo, è uno spettacolo non narrativo ma proprio per questo potrebbe ambire a una fruizione diversa. Quando io vado a un concerto, indipendentemente dal comprendere o meno ogni singola parola, mi emoziono grazie alle immagini che mi arrivano, alla musica, all’atmosfera. Ci piacerebbe per esempio lavorare su una diffusione del suono che non fosse solo frontale e quindi creare uno spazio sonoro, un’esperienza live appunto. Chissà, magari al pubblico potrebbe anche venir voglia di muoversi…”